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Quando l’America sognò Garibaldi comandante delle armate dell’Unione

Questa è la storia di Giuseppe Garibaldi, cittadino americano e generale in pectore del Presidente Lincoln nelle file dell’Union Army. Dal giorno in cui il Presidente gli fece giungere l’offerta di comando di un corpo d’armata, sono passati più di centocinquanta anni. Vale quindi la pena di raccontare questa storia.

Giuseppe Garibaldi, dopo essere stato braccato per mezza Italia in seguito alla coraggiosa difesa di Roma nel 1849, fu costretto ancora una volta all’esilio e riuscì fortunosamente a raggiungere per la seconda volta il Nuovo Mondo, sbarcando questa volta a New York negli Stati Uniti. Correva l’anno 1850 quando Garibaldi si ritrovò ospite di Antonio Meucci, patriota italiano e “sfortunato” inventore del telefono che si era stabilito a Staten Island, dove Garibaldi lavorò per tre anni nella sua fabbrica di candele.

Il Generale Garibaldi venne accolto calorosamente dai newyorchesi, che ben conoscevano le sue gesta per l’indipendenza dell’Italia oltre a quelle con cui appoggiò le rivoluzioni in Brasile ed Uruguay, tanto che il Sindaco di New York, Ambrose Kingsland, gli conferì la cittadinanza onoraria sotto forma di un passaporto a nome di “Joseph Garibaldi”, cimelio sopravvissuto nei carteggi garibaldini.

Garibaldi godeva di ampio appoggio presso i circoli massonici e ciò influenzò certamente la decisione di conferirgli il passaporto “nell’intento di fargli acquisire la cittadinanza americana”.

Tra i suoi sostenitori vi era il famoso giornalista Horace Greeley, editore del New York Tribune, che salutò la venuta di Garibaldi esaltandolo come “l’eroe di Montevideo e il Difensore della Repubblica Romana, un uomo di grande carattere al servizio della libertà

Nel 1853 Garibaldi rientrò in Italia dove venne eletto membro del Parlamento del Regno di Piemonte e Sardegna. L’impresa dei mille nel 1860 accrebbe la sua già vasta popolarità negli Stati Uniti, dove un drammatico corso storico si apprestava a sfociare nella guerra civile fra nordisti e sudisti. L’America tornava quindi ad essere la possibile meta di un’altra, storica, avventura militare di Giuseppe Garibaldi.

La figura di Garibaldi e la vicenda che avrebbe potuto portarlo a comandare le forze dell’Unione su invito del Presidente Lincoln, è stato il tema di una riunione conviviale della Delegazione della Virginia, lo stato in cui si combatté più a lungo e più aspramente durante la guerra tra gli stati. Garibaldi, al comando delle truppe nordiste, si sarebbe trovato di fronte il Generale Lee, comandante dei Confederati, ed il Generale Stonewall Jackson, inventore della guerra moderna basata sulla mobilità e la sorpresa.

Il comando sudista avrebbe dunque trovato in Garibaldi, ben conosciuto in America per le sue tattiche di celerità, giudizio e impetuoso valore, pane per i suoi denti. L’idea di conferire a Garibaldi un comando federale era stata prospettata in un articolo anonimo pubblicato sul North American Review di Boston nel Gennaio 1861, in risposta al quale il Generale Garibaldi inviò un messaggio di ringraziamento. Non trascorsero neanche sei mesi quando J.W.Quiggle, funzionario del consolato americano ad Anversa, scrisse a Garibaldi proponendogli di assumere un ruolo di comando nell’esercito dell’Unione. La lettera, dell’8 giugno 1861, costituiva un’iniziativa non autorizzata alla quale, il 27 giugno Garibaldi rispose facendo presente che non era quello il momento ed aggiungendo una domanda diretta e rivelatrice del suo carattere: “questa agitazione è dovuta forse all’emancipazione dei negri?

Quiggle allora riferì il contenuto della corrispondenza al Segretario di Stato Seward il quale contattò subito Henry Sanford, Console americano ad Anversa, chiedendogli di agire d’intesa con il Ministro James Marsh che rappresentava gli Stati Uniti a Torino. Era il 27 luglio: sei giorni prima, il Generale Jackson aveva inferto la prima batosta all’Unione nella battaglia di Bull Run ed il Presidente Lincoln aveva cominciato a perdere fiducia nei suoi generali.

Si era messo così in moto uno straordinario processo diplomatico con l’autorizzazione del Presidente Lincoln e con una missione segreta del Ministro Sanford che sbarcò a Caprera l’8 Settembre 1861. Garibaldi non esitò a dichiarare all’inviato americano che era interessato all’offerta di “servire un Paese per il quale nutro grande affetto”. Subito dopo però chiese a Sanford se la guerra avesse come fine quello di liberare gli schiavi.

Sorse inoltre un altro problema; a seguito della corrispondenza con Quiggle, Garibaldi si aspettava di essere chiamato ad assumere il comando supremo dell’esercito federale mentre Sanford era autorizzato ad offrire soltanto il comando di un corpo d’armata. Garibaldi non poteva accettare l’offerta formale di un tale comando, ma soprattutto continuava ad insistere che avrebbe servito solo se la guerra avesse avuto l’obiettivo dell’emancipazione.

Nel tardo 1862 Garibaldi ricevette altre due offerte, una dal Ministro Marsh e l’altra dallo Chargè d’Affaires americano a Vienna, Canasius. A questo punto, mentre Lincoln si disponeva a proclamare l’emancipazione, senza peraltro che questo venisse specificato nella corrispondenza con Garibaldi, il Generale si disse pronto ad accettare il comando del corpo d’armata. In quel periodo Garibaldi, che si apprestava a scendere nuovamente in campo per l’unità d’Italia combattendo gli austriaci e le forze del papato, venne arrestato dai piemontesi ma ben presto rilasciato su intercessione degli Stati Uniti.

Tutto questo suscita una supposizione: se Lincoln avesse rinnovato la sua offerta collegandola all’imminente emancipazione dei neri, avrebbe sicuramente soddisfatto la condizione posta da Garibaldi di combattere per la liberazione degli schiavi come aveva riaffermato anche nella lettera a Quiggle: “libertà non tradisce i volenti”. Garibaldi, infatti, individuava nell’emancipazione la missione fondamentale della lotta: “senza di essa – affermava – la guerra apparirebbe come una qualsiasi guerra civile nella quale il mondo avrebbe poca simpatia o interesse”.

Gli storici americani ancora dibattono su quale sarebbe stato il corso degli eventi se Garibaldi avesse assunto il comando dell’Armata del Potomac prima della sanguinosa battaglia di Chancellorsville del Maggio 1863, una battaglia persa dai federali per le pessime tattiche dei soliti generali. Giuseppe Garibaldi non tornò in America ma il 39esimo Reggimento Volontari di New York – la Garibaldi Guard – combatté per lui.

Vedi anche: La proposta di Lincoln a Garibaldi

Un’altra piccola curiosità lega la figura di Giuseppe Garibaldi e gli Stati Uniti d’America. James Roosevelt, padre del futuro presidente degli Stati Uniti Franklin Delano, prima di iscriversi alla facoltà di legge a Harvard, intraprese un tour europeo in compagnia di un frate questuante con il quale studiava latino.
Era il 1848, anno di guerre e rivoluzioni, e il giovane raggiunse l’Italia per arruolarsi tra le camicie rosse di Giuseppe Garibaldi. Dopo un mese, dal momento che la guerra languiva, i due si recarono dal Generale e chiesero di essere congedati.
Accontentati, ripresero il loro tour vacanziero.