Le specializzazioni del lavoro, i forgiatori
(Pagati a giornata). La cava di Cala Francese aveva una forgia grande attrezzata per ogni tipo di lavoro, dove l’acciaio in barra veniva tagliato con precisi colpi di trancia e dimensionato secondo le necessità. I pezzi (punte, scalpelli ecc.), tenuti sul fuoco con le pinze adatte, venivano sagomati sull’incudine e quindi temperati sul pilettu, vasca di pietra di minima profondità sul fondo della quale veniva appoggiato il ferro da temperare in modo che solo la punta fosse immersa nell’acqua, mentre il resto si raffreddava a contatto con l’aria. Il fuoco veniva alimentato, in un primo tempo, con un mantice (u buttazzu), realizzato in legno e rivestito in pelle di vacchetta; in seguito questo fu sostituito da un ventilatore: girando una manovella si immetteva l’aria forzatamente nel tubo che sbucava sulle braci alimentandole.
Questo lavoro era effettuato dai bocia, i bambini avviati ad imparare il mestiere; verso i tredici anni, finito l’apprendistato in forgia, essi passavano sulla piazza a pistà a petra e potevano guadagnare qualcosa.
Poiché i ferri assegnati ad ogni fatturante (20 punte e 10 scalpelli) subivano un notevole e rapido consumo, lo scalpellino ne portava la metà con sé e lasciava gli altri in forgia per averli sempre pronti e in condizione da sostituire quelli consumati.
I primi forgiatori, presenti in cava prima del 900, dei quali si abbia notizia sono: Abis Efisio di Cagliari, Geri Giuseppe, toscano, Cuccadu Gavino di Ozieri, Cianchetti Luigi, umbro, Maiore Andrea di Ittiri, Sotgiu Mastrantonio di Ittiri.
Vennero poi Curreli Salvatoricco Baruliccu, Curreli Carmine Gigolè, Sio Giovanni, Azara Andrea, Cuccadu Virgilio. Fra gli operai della forgia c’erano anche i manovratori della gru a vapore che accendevano il fuoco molto presto al mattino per avere in caldaia la pressione necessaria nel momento in cui iniziavano le attività: al primo macchinista Prati, seguì Cubeddu Salvatore di Sassari.
Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma
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