Litigiosità politica
“Per Dio e per il Re, vincere o morire”, dimostrarono per la prima volta di avere una patria per cui battersi ed in soccorso della quale, come disse più tardi il Desgeneys, “..accorsero come un sol’uomo”. Articolo dello scrittore Antonio Ciotta.
Grande intesa, dunque nei momenti in cui bisogna fronteggiare i pericoli che turbano l’isolanità; cialtronesca sottomissione all’insegna del “viva chi vince”, quando c’è da prendere, e ce n’è per tutti; accese beghe, invece, nelle piccole cose di tutti i giorni e quando da prendere ce n’è per pochi.
E di tale litigiosità che, come vedremo, ha radici che affondano nel passato anche remoto della vita isolana non è rimasta immune neppure la giunta di Pasqualino Serra, primo sindaco pervenuto alla carica con elezione diretta, che venne apertamente osteggiata dalle minoranze, ma anche subdolamente insidiata da elementi della stessa maggioranza; una giunta cioè che ha volato come un aereo con i dirottatori dentro e la contraerea fuori e nella quale alla fine i dirottatori hanno avuto la meglio. Appare chiaro come stavolta tutti hanno maldigerito la nuova legge che non consente più, o quanto meno rende difficile, il vecchio vezzo di far cadere un sindaco ogni tre mesi …e anche meno. Ed ecco nascere un incessanti susseguirsi di futili questioni che ingenerano puntigli smisurati con interminabili serie di denunce e ricorsi che non giovano certo alla comunità.
I maggiori contrasti derivano poi dal fatto che, per la prima volta nel dopoguerra, nelle ultime elezioni la cittadinanza ha chiamato a rappresentarla elementi della borghesia, quella borghesia che nel passato aveva monopolizzato la vita politica locale a scapito di quelle minoranze operaie che, invece, nel dopoguerra hanno avuto predominanza e non tanto perché i borghesi erano stati sconfitti, ma semplicemente perchè si erano eclissati. Ed è forse in questa carenza di contatti fra le due componenti della vita culturale e sociale isolana che non è stato finora possibile comprendersi ed intendersi, e in certi casi perfino rispettarsi.
Un preciso quadro della situazione ci viene offerto da una lettera del prefetto di Sassari di ben oltre un secolo fa, la quale, oltre a ricordarci che, malgrado il gioco delle parti si sia invertito, nulla è mutato nella dieta quotidiana dei politici maddalenini.
Le elezioni comunali della tarda primavera del 1867 avevano fatto registrare una schiacciante vittoria della destra; vittoria che aveva dato luogo a non pochi disordini per il modo in cui la maggioranza era trascesa nei confronti della minoranza perdente. Non sappiamo esattamente cosa sia avvenuto, ma certamente le cose erano giunte a un punto tale che i pericoli di una situazione a dir poco esplosiva erano arrivati all’orecchio del prefetto che, visti gli scarsi risultati conseguiti dal sindaco (il commerciante Tomaso Volpe) e dal comandante della stazione dei carabinieri, era ricorso al giudice mandamentale perchè interponesse anche lui i suoi buoni uffici per riportare la calma e la tranquillità nell’isola.
La lettera, datata 3 agosto 1867, ci offre un chiaro cenno sulle tensioni di quel particolare momento:
“Nella circostanza delle elezioni dei Consiglieri Comunali alla Maddalena il partito rimasto vittorioso si lasciava trascendere in dimostrazioni che poco si confanno alla civilizzazione di tempi attuali spingendosi perfino la cosa al punto di far suonare dei corni marini per inasprire maggiormente gli animi dell’altro partito soccombente. Quel Sig. Sindaco e Comandante di Stazione prevedendo le disgustose conseguenze che avrebbero potuto produrre simili sfregi cooperarono quanto fu in loro potere per farli cessare.
Quando però – prosegue il prefetto – nei piccoli centri in specie, le gare di partiti prendono dette stesse proporzioni finiscono sempre per turbare la tranquillità pubblica e la pace stessa delle famiglie, ed il sottoscritto non vede altro mezzo, per calmare gli animi, di ricorrere all’influenza delle persone del luogo. Ed è a tale effetto, che il sottoscrito prega la S.V. a voler di concerto col Sig. Sindaco e Comandante di Stazione locale interporre i suoi buoni uffici per ravvicinare quei due partiti, e ciò non riuscendo far intendere, con quei mezzi che sono in suo potere al partito rimasto vittorioso, che qualunque atto meno che decoroso verso l’altro soccombente tornerebbe a suo proprio disdoro. Ove la S.V. voglia compiacersi di usare la sua influenza il sottoscritto non può che ripromettersi un buon risultato in questo disgustoso frangente”.
L’accorato appello del prefetto, tuttavia, malgrado la buona volontà del sindaco, del maresciallo dei carabinieri, del pretore e quasi certamente di altre persone influenti, non valse a placare gli animi e a lenire i disordini provocati dalla maggioranza e fomentati dalla minoranza dileggiata al suono dei “corni marini”, la quale, tuttavia non mancò di rispondere con le proprie campane al suono delle trombe della maggioranza.
Il 6 dicembre 1867, difatti, il Procuratore Generale del Re, dalla sua sede di Cagliari, scriveva al pretore mandamentale di La Maddalena:
“Fu stampata con i tipi del Corriere di Sardegna una canzonetta intitolata ‘Le piaghe del paese’, le cui copie si dicono inviate tutte costà. Questo fatto sembra dar peso all’opinione di coloro che ritengono sia la detta canzonetta allusiva al Sindaco di codesto Comune ed a qualche Consigliere Comunale, e non vi entri punto altra idea od allusione politica.
Voglia la S.V., cui sarà per certo venuta a mani qualcuna di dette copie, appurare le cose, ed informare immediatamente se fondata sia detta supposizione, adducendo in caso affermativo la spiegazione dei fatti cui si allude”.
Non siamo riusciti a conoscere il testo della canzonetta allusiva né l’esito degli accertamenti compiuti dal giudice mandamentale e il tenore della sua risposta, ma possiamo ben supporre, come aveva già intuito il procuratore generale, che non vi furono certamente timori di sommovimenti o eversioni politiche e che il tutto era più semplicemente limitato alle solite beghe isolane.
Gli scherni reciproci durarono però a lungo e ad un certo momento la cosa aveva certamente assunto una piega che aveva determinato un clima di invivibilità. Ben due anni e mezzo dopo, infatti, come ci rivela un documento del 16 gennaio 1870, la situazione era precipitata al punto tale che i consiglieri della maggioranza, che a suo tempo non avevano accolto il monito prefettizio ed erano ora vittime delle conseguenze del loro gesto, dovettero stavolta esser loro a far ricorso allo stesso Prefetto, presso il quale, con ampia delega scritta, inviarono come emissario il consigliere Nicolò Susini.
Il prezioso documento, proveniente dall’ormai disperso archivio del Susini, pur non consentendoci di avere esatta notizia su quanto di fatto sia avvenuto nell’isola in quegli anni, ci offre tuttavia la possibilità di avere un chiaro quadro di quello che doveva essere il clima di malumore, di tensione, di veleni e anche di disordini, nel quale viveva la comunità maddalenina.
Gli atti giudiziari dell’epoca non fanno registrare fatti penali particolarmente rilevanti, pertanto i “disordini” dovevano certamente consistere in larvate minacce, scherni, ritorsioni, emarginazioni ed embarghi sociali e dure azioni politiche da parte della minoranza che avevano certamente portato all’ingovernabilità del paese. Nel corso di una riunione tenuta in forma privata, ma con l’intervento del segretario comunale (una sorta di “gabinetto di emergenza”), i consiglieri Leonardo e Antonio Bargone, Vincenzo Biaggi, Santo Serra, Quirico Dadea, il cav. Luigi Gusmaroli (l’ex prete dei Mille che aveva seguito Garibaldi a Caprera), Francesco Susini, Giacomo Origoni, Giuseppe Cuneo, Domenico Semeria e Pasquale Polverini, cioè l’intera maggioranza, escluso il sindaco Volpe, unanimemente conferirono al collega Nicolò Susini, che già in passato era stato sindaco, il seguente mandato:
“Noi sottoscritti Consiglieri Comunali dell’Isola Maddalena, privatamente riuniti in apposita seduta, e nel semplice spirito di sempre garantire gli interessi e la individuale sicurezza degli Amministrati, deputiamo il Consigliere nostro collega Susini Ornano Cav. Nicolò, ex sindaco, onde recarsi in Sassari ed ivi personalmente presentarsi a nostro nome, e dei più amministrati, al Prefetto della Provincia, all’effetto di conferire col medesimo sul modo di far cessare i disordini che infestano questa popolazione e di applicare i rimedi per cui essa possa raggiungere il buon ordine, la rispettiva sicurezza individuale e quei vantaggi che più tendano a prosperarla, a seconda dei tempi della civilizzazione attuale, dandogli in pari tempo ampia facoltà di agire nel modo, e come al medesimo pare e piaccia, sempre in ordine alla tranquillità e agli interessi del paese, nonchè di poter nominare altro Procuratore, o Avvocato, che gli tenga compagnia presso il prelodato Prefetto: e qualora
abbisogni, viene altresì autorizzato a lasciare a nostro nome un procuratore debitamente autorizzato, il quale perori la causa comune di questa
popolazione, anche in assenza dal Capoluogo dello stesso Deputato Susini”.
L’ampio mandato, redatto in bollo, reca la firma di tutti i consiglieri autenticata dal segretario comunale Giovanni Vincenzo Ortu.
Non ci è dato di conoscere quale fu l’esito della delicata missione affidata al Susini, ma dall’intera vicenda, specie laddove il prefetto dice “…quando nei piccoli centri in specie…le gare di partiti finiscono sempre per turbare la tranquillità pubblica e la pace stessa delle famiglie”, non può che trarsi un preciso insegnamento del quale cogliere il potenziale significato e tradurlo in un preciso segnale politico che dovrebbe indurre a far capire agli amministratori che maggioranze e minoranze insieme altro non sono che i vogatori di una stessa barca i quali, per usare termini marinari, debbono vogare tutti “in paro” e che se gli uni “vogano” e gli altri “siano”, la barca non può che andare di traverso.
E il fatto che le cose vadano di traverso è sotto gli occhi di tutti, specialmente per chi viene da fuori e osserva le cose con l’ottica di chì è scevro dalle parentele e dalle beghe politiche locali.
“…non si hanno per il momento – scrive la Racheli – garanzie che esista nella popolazione e tra gli amministratori locali la volontà di scuotere via l’aria di decadenza che grava sull’Arcipelago. Il livello dei discorsi che si odono è rissoso e soggettivo, dominato dalla paura di perdere e dal desiderio di possedere sempre di più”.
E ancor prima della Racheli, già nel 1888, Florio Sartori aveva scritto: “…i Maddalenesi si abbandonarono alle questioni interne e spesso, divisi in partiti, si fecero delle guerricciole per interessi d’amministrazione comunale od ingerenze consimili, non rinunziando mai alla speranza che qualche cosa si sarebbe pur fatta per migliorare la sorte del loro piccolo comune che in verità non si trovava in floride condizioni”.
Per il futuro dell’isola occorre dunque viaggiare sui binari di un concorde e costruttivo impegno, imporsi la regola del reciproco rispetto e smetterla di dar fiato ai “corni marini”: …da chiunque siano suonati!