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Mirto comune

(nome scientifico Myrtus communis, nome locale murta)

Predilige luoghi un pò umidi, le valli riparte dai venti occidentali; è presente anche nelle isole minori. Fioritura da maggio a luglio. Arbusto sempreverde di 1 – 3 m di altezza molto ramificato, con corteccia sottile, brunastra. foglie opposte, ovali o lanceolate, coriacee e lucide di sopra. E’ una pianta che allieta le calde giornate estive, grazie alle profumate e spettacolari fioriture bianche. Le bacche dolci venivano sino a qualche decennio fa, vendute per le strade a poche decine di lire ai ragazzi.

Importante arbusto della macchia mediterranea, alto fino a 3 metri. Caratterizza le calde giornate estive dell’Arcipelago, con i bianchi e profumati fiori. Considerata pianta sacra da Greci e Romani, era simbolo di amore e gloria poetica. Questa tradizione rivive anche in Gallura, dove si utilizza la pianta per realizzare riti d’amore. In cucina, è un insostituibile ingrediente aromatico, soprattutto per gli arrosti. I rami della pianta, flessibili e resistenti, venivano spesso utilizzati per la realizzazione delle nasse da pesca.

In Corsica, il docente Olivier Jehasse sottolinea che il mirto diventa il simbolo della vegetazione corsa durante il periodo della conquista romana, tanto che servirà come attributo del vincitore di un combattimento in Corsica “per segui i giochi della testa del circo incoronata di mirto. Già i Liguri, la cui presenza in Corsica è ampiamente attestata, depositarono rami di mirto nelle sepolture come un supporto odoroso per il viaggio verso l’aldilà, la persistenza del suo fogliame associato all’immortalità.

Già i primi abitanti delle isole maddaleninene usavano i rami, intrecciati in diversi strati, per le coperture dei tetti delle loro casette. Ancora i rami, grazie alle qualità di flessibilità e di resistenza, erano componente essenziale delle nasse dei pescatori: la parte iniziale, infatti, quella più stretta, era fatta con i fusti flessibili, ma allo stesso tempo molto durevoli del mirto; solo dopo le prime trappe, si inserivano le canne e i giunchi che costituivano il vero corpo della nassa. I marruffi, caratteristici contenitori per la conservazione delle aragoste, larghi fino a sei metri, erano realizzati interamente di mirto, perché dovevano restare molti mesi in acqua senza deteriorarsi. I bei fiori bianchi, invece, entrano nelle pratiche magiche della notte di San Giovanni: infatti quando, il 23 giugno, si prepara la conca con l’acqua deposta sul davanzale perché riceva nella notte la benedizione del santo, fra i fiori che vi galleggiano devono esserci quelli del mirto.

Raggiunge i 4 m d’altezza, più spesso arbustivo. Il tronco è generalmente breve, ramoso, con corteccia sottile, di colore bruno-rossastro. Le foglie sono semplici, ovali-lanceolate, acute, a margine intero, superiormente di colore verde intenso e lucenti, inferiormente più chiare e opache; sono brevemente picciuolate, ad inserzione opposta. I fiori, attaccati con un lungo peduncolo all’ascella fogliare, hanno una corolla formata da 5 petali di colore bianco e numerosissimi stami. Fioritura da maggio a luglio. I frutti sono delle piccole bacche ellittiche di colore bruno-nero, contenenti numerosi semi. Il mirto è diffuso lungo tutti i litorali del Mediterraneo, è pianta eliofila, predilige climi caldi, e non resiste al freddo intenso. Del mirto si utilizzano soprattutto i frutti, che maturano in novembre-dicembre, e dai quali si ottiene un ottimo liquore.

In cucina, è un insostituibile ingrediente aromatico, soprattutto per gli arrosti. Il liquore di Mirto, ottenuto mettendo a macerare nell’alcool i frutti e le foglie della pianta, è ormai apprezzato in tutta Italia, diventando uno dei prodotti tradizionali sardi più conosciuti. Se, dopo qualche tempo, il liquore diventa torbido, si deve filtrare attraverso uno strofinaccio abbastanza compatto. Per ottenere invece un liquore sempre limpido, si mettono direttamente nell’alcool sia le bacche che l’acqua e lo zucchero nelle proporzioni indicate. Anche dalle foglie si ricava un liquore digestivo amarognolo: in questo caso si mette a macerare la quantità di foglie contenuta in una tazza da tè in mezzo litro di alcol a cui si aggiungono 450 g. di acqua e altrettanti di zucchero.