Benito MussoliniLa Maddalena Antica

Mussolini e i piani di Himmler 

Mussolini e i piani di Himmler 
Heinrich Luitpold Himmler

Per settimane intere i vertici militari del Reich, che a dire il vero avrebbero avuto ben altri motivi di angustiarsi, si concentrarono sull’ «Operazione Quercia». Dalla trascrizione dei colloqui del comandante in capo della marina da guerra nel quartier generale del Führer, si apprese che il 17 agosto fermarono le ricerche a Santo Stefano e le dirottarono «nell’area compresa fra la Sardegna e la Corsica». E stavano seguendo una traccia precisa, per la quale avevano fornito informazioni al Sicherheitsdienst, dietro versamento di sterline false, ufficiali della Milizia portuale di stanza a Genova e a Napoli. Questi signori, che dopo la caduta del regime avevano perduto il posto, sarebbero state ben felici di riavere Mussolini.

A Napoli gli uomini di collegamento di Hottl appresero che Mussolini sarebbe stato relegato a La Maddalena. Su quest’isola un italiano collaborazionista al soldo del Sicherheitsdienst avrebbe scorto, da una barca, Mussolini affacciato alla finestra di una villa in cima a un’altura. Hòttl, che nutriva qualche dubbio, il 15 agosto si imbarcò su un aereo e si recò nella Wolfsschanze, per sentirsi replicare da Hitler che non era il caso di prestare fede a quanto riferito un italiano.

Anche Heinrich Luitpold Himmler (Monaco di Baviera, 7 ottobre 1900 – Luneburgo, 23 maggio 1945) diffidava della scrupolosità delle indagini condotte dal suo servizio di sicurezza e ai primi di agosto, quando Kappler e Höttl stavano ancora brancolando nel buio, aveva radunato nella foresteria della centrale del Sicherheitsdients, sul Wannsee, una ventina di veggenti e di astrologi.

(Tutti gli appartenenti a questa congrega, sui quali i suoi uomini erano riusciti a mettere le mani, erano stati imprigionati dopo la fuga in Inghilterra del «luogotenente del Führer» Rudolf Hess, considerato il loro alto protettore.)

Gli specialisti del sovrannaturale erano ultra felici dell’improvviso e inatteso rivolgimento in meglio delle condizioni di vita. Siccome questa volta il loro intervento non aveva niente a che fare con gli astri e le costellazioni, si videro consegnare carte geografiche d’Italia, sulle quali li invitarono a far oscillare il pendolo. Per quanto nel 1943 agli alti funzionari del Sicherheitsdienst fossero familiari ai processi formativi della volontà tedesca e per quanto bislacchi fossero, Höttl si rifiutò di credere all’esistenza dell’ «équipe di occultisti» convocata da Himmler, finché non arrivò anche lui sulle rive del Wannsee e si convinse che la squadra era realmente al lavoro.

E allora, a furia di quattrini, di lusinghe e di alcoolici di qualità pregiata, assoldò uno dei rabdomanti al proprio servizio. Il 18 agosto, quando Himmler ricomparse per l’ennesima volta nella foresteria sul lago, questo ospite dei campi di concentramento in licenza straordinaria («un berlinese tipico, dalla testa fina»), si mise alle costole del Reichsfùhrer delle SS, parlando oscuramente, per accenni e se lo portò appresso, perché assistesse al prodigio: il pendolo, dopo aver oscillato violentemente fra la Sardegna e la Corsica, rimase fermo all’altezza della Maddalena. Grazie al trucco le informazioni concrete del Sicherheitsdienst portarono a Rastenburg una forza di convinzione centuplicata e allora elaborarono i piani precisi per la «conquista» dell’isola, fissandone la data.

L’impresa sarebbe potuta riuscire, se Skorzeny non si fosse voluto appropriare del ruolo di scopritore del già scoperto Mussolini sorvolando l’isola, per una ricognizione, con uno Heinkel 111, uno dei migliori apparecchi della Luftwaffe. Ma la sorte volle che l’aereo, per noie al motore, precipitasse in mare, mettendo in allarme i custodi del duce. Il pomeriggio del 26 agosto Skorzeny, ripescato, occupò l’isola con sei vedette e cento uomini, ma nel frattempo Mussolini era già stato depositato sul Gran Sasso. Ulteriori distribuzioni di sterline false ebbero il potere di portare in capo a pochi giorni alla scoperta della sua nuova prigione.

Le ragioni che consigliarono il governo Badoglio di trasferire a nord, verso i tedeschi, il prezioso prigioniero, i motivi per cui il re e i militari che lo avevano seguito non se lo erano condotto appresso a Brindisi per consegnarlo agli americani (come convenuto in una clausola aggiuntiva segreta dell’armistizio), rimangono nel campo delle ipotesi. La più accettabile, forse, è che l’orgoglio nazionale abbia impedito di lasciar processare, da chi fino a ieri era il nemico, l’uomo che era stato il fondatore dell’impero.