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Nicolò Susini Ornano

Nominato dopo il rifiuto di Giovanni Millelire, rimase in carica fino a quando le norme del 1866 del neonato Regno d’Italia misero in discussione i vecchi ordinamenti.
Il primo inventario dei beni da lui redatto nel 1852 testimonia la “povertà” del tesoro della Santa patrona ridotto a 21 anelli d’oro, 1 corniola, 1 crocetta d’oro, 3 crocette di corallo, 5 pendenti, 11 cuori d’argento, nessuna rama di corallo, 1 mano d’argento, 1 ritratto in oro, 1 sonaglio d’argento, per un totale di 46 pezzi.
Sullo stesso foglio di questo inventario, in continuazione, Susini annotava le offerte che si ricevevano man mano fino al 1867, data della sua estromissione dall’incarico.

Fra le entrate spicca, nel 1846, la somma di circa 40 scudi offerta dall’equipaggio del comandante della regia cannoniera Gregorio Ramaroni (1) per portare la Santa in processione e quella, molto più modesta, di Pasquale Polverini per portarla all’ottava, di 5 scudi. Fra le spese, per il giorno di Corpus Domini del 1852, oltre alla polvere per i mortaretti, undici pinte di vino per la festa, dodici bottiglie di rosolio e due cupe di canestrelli. Spese giustificabili? Il vino veniva destinato abitualmente a chi metteva a disposizione il proprio lavoro o qualche prestazione in occasione delle feste, il rosolio sa più di offerta a personalità quali funzionari, comandanti e ufficiali: i canestrelli erano una presenza costante e tradizionale nelle più importanti celebrazioni religiose quali il Corpus Domini, Santa Maria Maddalena e l’Assunta. Per la prima volta troviamo anche la descrizione dei doni che ornavano i due lati della nicchia contenente la statua della patrona; appesi ai lati, su delle tavolette, spiccavano alcuni pezzi forti tratti dal tesoro: “Tavoletta di dritta e tavoletta di sinistra: Bambino, cuori dorati 4, cuori d’argento 22 per parte, immagine in ginocchioni, mano d’argento 2, occhi d’argento 3“.
Fra gli oggetti utili per il culto, un mortaio di marmo per pestare l’incenso.

Da notare, inoltre, che Susini inseriva fra gli immobili posseduti dalla Chiesa anche “una fonte chiusa vicino alla parrocchia sotto la casa della vedova Maria Ornano Giuly”. Questa sua testimonianza ha un particolare valore visto che egli era, negli anni 1849-1850, sindaco di La Maddalena e lo sarebbe stato anche in seguito affiancando a questa carica quella di fabbriciere. Alle successive contestazioni da parte del Consiglio Comunale sul possesso della fonte, la dichiarazione di Susini avrebbe potuto essere usata dalla Chiesa per rivendicarla, ma, stranamente, non fu mai menzionata.

Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma

1. Ramaroni aveva sposato Maria Maddalena Azara, nipote di Domenico Millelire.