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Ombelico di Venere

Ombelico di Venere (nome scientifico Umbilicus rupestris, nome locale baioccu)

E’ una piantina caratteristica per le sue foglie rotonde che vegeta sulle rupi specialmente nelle aree interne delle isole. Cresce in luoghi sassosi, muri, rovine, rupi umide ed ombrose, presso stillicidi d’acqua, anche nelle isole minori e negli isolotti. Fioritura da marzo a maggio.

Il nome italiano deriva dalla forma particolare delle foglie basali che sono tondeggianti, con una depressione al centro che le fa rassomigliare alla zona dell’ombelico: l’attribuzione a Venere, dea della bellezza, impreziosisce la pianta dal punto di vista estetico; invece dal punto di vista pratico i vecchi maddalenini ne rilevavano la rassomiglianza con le monete, da qui il nome baioccu, presente, con numerose varianti, anche in molte zone della Corsica.

In qualche paese della Corsica l’uso era esteso anche alla cura degli occhi, sui quali si applicava il succo delle foglie pestate, e a quella delle mammelle degli animali da mungere: in presenza di ragadi o altre infezioni la parte veniva strofinata prima della mungitura per ammorbidire la pelle, oltre che per curarla, e rendeva, forse, meno dolorosa l’operazione.

In alcune zone della Sardegna questa pianta era molto usata, in particolare per guarire le irritazioni della pelle. Il suo potere antinfiammatorio, infatti, era davvero straordinario; che si avessero dei calli gonfi e doloranti o sfoghi della pelle come i foruncoli, bastava prendere dalla piantina una bella foglia, staccarla dal picciolo e spellarla (era facile farlo in quanto la pellicola si staccava facilmente dalla parte interna spugnosa), applicandola poi sopra il foruncolo, il callo o altra irritazione cutanea, per trovare subito sollievo. er i foruncoli profondi bastavano 2-3 giorni di applicazioni per vederli “maturati” (affiorata l’infiammazione in superficie) e, dopo averne eliminato il pus, spremendoli dall’esterno verso l’interno, constatarne rapidamente la guarigione.

La Specie Umbilicus rupestris. è una pianta erbacea perenne, succulenta, con fusto eretto di forma cilindrica e radice rizomatosa, con foglie basali carnose, lungamente picciolate, che presentano una caratteristica infossatura centrale (dalla quale deriva il nome italiano “ombelico di Venere”; in passato era luogo comune attribuire alle piante con proprietà medicamentose il nome delle divinità).

La pianta, originaria dell’Europa occidentale e delle regioni mediterranee, gradisce un clima mite. Utilizzata anche a scopo ornamentale è una pianta difficile da coltivare, necessitando di attenzione e di cure particolari. La sua esposizione richiede una mezz’ombra e umidità costante; necessita di terreno pietroso e può essere coltivata in piena terra, su muretti a secco o in posizioni riparate di giardini rocciosi. Si propaga da seme o per divisione dei cespi; in molti casi, se trova il suo habitat naturale, si propaga naturalmente. Dopo la fioritura le piantine di Umbilicus rupestris seccano completamente, dando l’impressione che sia una pianta annuale, ma, se l’ambiente è sufficientemente umido, il rizoma biancastro sopravvive. Trascorsa la stagione avversa, periodo nel quale non presenta organi aerei, il suo organo sotterraneo di riserva, detto bulbo, si rigenera, e proprio da questo ogni anno nascono nuove piante.

Da questo cespuglietto spunta una sorta di spiga munita di numerosi fiorellini tubolari, verdastri, con sfumature gialline e rossastre, che sbocciano partendo dal basso. U baioccu cresce nelle spaccature delle rocce, preferibilmente all’ombra, fra le pietre dei vecchi muri, vicino alle piccole calate d’acqua e, in condizioni particolarmente favorevoli, può raggiungere i 40 centimetri di altezza. Nella medicina popolare locale alla pianta si attribuivano proprietà curative delle affezioni della pelle, soprattutto foruncoli, piccole piaghe, bruciature e ulcere. Si usavano le foglie pestate e applicate in impiastro, oppure, più semplicemente, le foglie private della pellicola esterna e appoggiate sulla parte da curare: in questo modo si favoriva la “maturazione” del foruncolo con la fuoriuscita del pus e la cicatrizzazione della ferita.

Il suo uso alimentare è riconosciuto come ortaggio e pianta da condimento. Le parti eduli delle piante giovani si possono utilizzare per insaporire le insalate ed erano utilizzate in passato come diuretico e rinfrescante. Inoltre il cataplasma delle stesse era ampiamente usato per curare ustioni, geloni, piaghe, punture di insetti e ulcere. Il succo fresco delle foglie è risultato efficace anche nella cura dell’herpes; il succo, in passato, era stato usato anche nel trattamento dell’epilessia, ma ricerche successive hanno dimostrato che non conteneva principi utili. Con il Decotto di parti della pianta si ricava, invece, un buon detergente, antiinfiammatorio ed emolliente. Alla pianta, pur avendogli attribuito il nome della dea dell’amore, Venere, non le sono state riconosciute proprietà erotizzanti.

La pianta contiene: sali minerali, tannino, mucillagini, gomme, tri-metilamina, malato di calcio, sale di ammonio, nitrato di potassio, ossido di ferro, cellulosa, clorofilla e una sostanza colorante gialla. La pianta fresca è composta al 95% di acqua. Più che l’uso alimentare della pianta è maggiore l’uso cosmetologico e farmacologico: ricerche etnobotaniche hanno riconosciuto l’efficacia di questa specie soprattutto nelle diverse patologie della pelle, per le sue proprietà emollienti, detergenti, diuretiche e rinfrescanti.