Parte anche Chevillard. Strascichi e veleni
Solo dopo che Chevillard aderì finalmente all’ordine di recarsi a Cagliari le cose si normalizzarono, e si ritornò ai vecchi tempi solo quando nella capitale del regno si temette un attacco alla Sardegna della flotta francese che aveva lasciato Tolone. Probabilmente si ipotizzava che la Francia avesse bisogno di un punto d’appoggio proprio nell’indebolito arcipelago per contrastare più da vicino l’azione inglese sulla Corsica. In tutta fretta il 27 maggio si deliberò di mandare alla Maddalena la Santa Barbara e di farvi ritornare un distaccamento da Alghero. Scarpinati ricevette nello stesso tempo l’ordine di predisporsi a dar manforte a Vittorio Porcile, indicato quale nuovo comandante della Maddalena.
Vittorio Amedeo fece intervenire la sua segreteria di stato per convincere Chevillard a sottomettersi all’autorità della Reale Udienza e a recarsi a Cagliari. Intervenne invece direttamente sul Supremo Magistrato perché trattasse con clemenza il luogotenente nizzardo. ”Essendo – scrisse con propria firma – un soggetto da noi molto considerato per zelo e valore, di cui diede prove in codesto regno contro i barbareschi”. Nella stessa nota affermò, con tono che non ammetteva obiezioni, che l’atteggiamento di Chevillard era da considerarsi deviato da informazioni scorrette.
Si hanno notizie che giunto a Cagliari Chevillard fu messo agli arresti nel convento dei cappuccini di S. Francesco, prima di essere anche lui imbarcato per Livorno. Altre fonti lo danno poi transitato alle forze di terra e presente nelle campagne antinapoleoniche.
In una memoria senza data, rivolta alla Reale Udienza dal marchese di Soleminis, prima voce dello Stamento militare, e dall’avvocato Tarena, prima voce dello Stamento reale, si trovano precisati degli indizi giudiziari rilevati a carico di Chevillard unitamente al gruppo più ristretto della corte cagliaritana e che si trovava in quel frangente alla Maddalena, La Flecher, Lunel e l’assente Valsecchi trattenuto prigioniero a Cagliari. Il documento ripercorre in 8 punti la vicenda, compresa la verifica sulle condizioni climatiche che Vittorio Amedeo pretendeva di dare per certo che fossero pessime tanto da costringere Balbiano all’approdo.
In questa memoria si trova anche un punto particolare non direttamente intrecciato, se non per i personaggi coinvolti, con gli avvenimenti dello “scommiato” e del tentativo di rivincita. Testualmente si chiedeva di controllare se “il cav. Chevillard, pendente la sua mansione in detta isola negli anni scorsi, ha fatti vari negoziati estraendo dalla Sardegna vari generi per Corsica ed altri luoghi, a qual oggetto egli aveva una tartana in società col maggiore della piazza cav. Lunel, cav. Costantin ed il segretario di stato Vincenzo Valsecchi, patronizzato dal patron Faio”,
Il verbale della riunione mattutina del 28 giugno dello Stamento militare da’ atto che il Magistrato aveva richiesto a quello Stamento un parere su una memoria dell’ufficiale del soldo. Questi riteneva che l’Intendenza non dovesse corrispondere agli interessati quella parte di un nolo spettante ai proprietari del bastimento di patron Fagò, poiché essi sarebbero stati individuati nelle persone dei cavalieri Lunel, Costantin, Schevillard e probabilmente anche del Valsecchi. La discussione continuò nel pomeriggio e concluse che si doveva trattenere la quota dei proprietari ed erogare solo quella a favore del patrone, e che la tartana avrebbe potuto ancora navigare poiché certo Cortese (ricco commerciante e familiare di G.M. Angioy), il notaio Muscas e lo stesso patron Fagò avevano attestato di aver rilevato le quote di proprietà dei cavalieri. L’ultima stoccata era per Balbiano, accusato di complicità in questi traffici, giacché sembra che avesse ordinato all’Intendenza “sacche” in bianco per vari articoli.
Nella raccolta di documenti nota come “Carte Lavagna”, dal nome di un giudice algherese che le raccolse ed oggi conservate nella biblioteca di quel comune, c’è traccia, in una relazione redatta dallo stesso Lavagna, di “Tre processi concernenti il già segretario di stato Valsecchi e lo sbarco del già viceré Balbiano e del già governatore Merli nell’isola della Maddalena”. Le stesse carte accennano anche ad un processo criminale costruito per delegazione della Reale Udienza dall’avvocato Scarpinati di Tempio.
Nell’immenso fondo archivistico del Supremo Magistrato, pur ben ordinato, non abbiamo ancora rintracciato il fascicolo relativo a queste cause per verificare se e come i traffici imputati coinvolgessero i maddalenini, che per questo tipo di affari sembra che avessero una certa vocazione.
L’infelice conclusione dell’ingenuo tentativo di contrattacco, e lo strascico di sospetti e di affari giudiziari, lasciò senza spiegazioni i maddalenini, testimoni e protagonisti incolpevoli ed inconsapevoli di un momento importante e drammatico della storia della Sardegna, cui parteciparono con generoso slancio anche se dalla parte perdente. Certamente non ne poterono afferrare la complessità, sfuggendo loro di poter considerare unitamente a Giuseppe Manno che “fu gran ventura il cansare così, dopo la guerra fra i con sudditi, quella più terribile fra i connazionali”.
Articolo scritto da Salvatore Sanna e pubblicato dal Co.Ri.S.Ma nel primo Almanacco Maddalenino realizzato dalla casa editrice Paolo Sorba di La Maddalena
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