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Squarciò – Capitolo XII

Squarciò, romanzo di Franco Solinas

Il motore era stato adattato sulla barca di Santamaria, e Squarciò era di nuovo pronto per partire. Cenarono presto, come sempre prima di ogni partenza per la pesca. Subito dopo cena, Bore e Antonino andarono a letto. Diana chiese il permesso d’uscire, e Squarciò guardò prima Rosetta, poi glielo diede. Rosetta mise Angelo a letto e tornò a tavola. Squarciò stava sturando un fiasco di vino.
– Vuoi bere un po’? – le chiese.
– Sì – disse Rosetta, e intanto pensava se era venuto il momento di dirglielo.

Squarciò riempì i bicchieri.
– Non se ne sarebbe fatto niente, – disse – non sarebbe mai più andato a pescare. In nessun modo.
– Sì – disse Rosetta.
– I soldi possono darli a lui, se vogliono. L’importante è che sia tornato da loro. Ti pare?
– Certo. È stato meglio così.
– Quando potrò, gliela darò indietro. Non c’era nient’altro da fare.

Vuotarono i bicchieri, e stettero un po’ in silenzio. Rosetta pensava ancora se doveva dirglielo. Squarciò riempì di nuovo i bicchieri, poi disse:
– Certo che non è più come una volta con quello lì!
– Cacaspiagge? – chiese Rosetta.
– Sì, quello nuovo. È diverso da Gaspare. Quante rate dobbiamo ancora pagare?
– Dieci – disse Rosetta.
– Già, dieci. Sono tante.
– Sei preoccupato?
– No, adesso tutto è come prima. È furbo, ma non abbastanza.
Ci credi?
– Sì, ma stai attento.
– Regolare: son sempre stato attento. Bevvero ancora. Alle dieci tornò Diana, e Squarciò le chiese:
– Con chi sei stata?
– Con le amiche – disse Diana.
– Amiche o amici?
– Anche amici.
– C’era anche quello che ti viene dietro?
– No, quello non mi viene più dietro.
– E perché?
– Non manteneva la parola.
– C’è qualche altro, adesso?
– Sì, uno che è imbarcato sul mercantile.
– Mantiene la parola?
– Vuole conoscerti. Mamma lo conosce già.
– Sì – disse Rosetta.
– Va bene, vai a letto adesso.

Si salutarono, e Diana andò a dormire. Squarciò riempì ancora i bicchieri.
– Poi si sposerà – disse come continuando un pensiero.
– È un bravo ragazzo – disse Rosetta.

Alle undici, Squarciò disse:
– Vai a letto. Io ho qualcosa da fare, poi torno.

Uscì. Era una notte calma. Nel cielo, bianche nuvole si muovevano verso ponente. C’era appena una brezza, che quasi non arrivava ad increspare la superficie dell’acqua.

Squarciò andò in cima al molo a guardare il cielo all’orizzonte e la direzione delle nuvole. – Una grande giornata – disse. Tornò verso la piazza. Soltanto un finanziere percorreva su e giù la banchina.

Passandogli accanto, Squarciò gli fece un gesto di saluto.
– E il maresciallo? – chiese.
– A dormire – disse il finanziere.
– Regolare – disse Squarciò.

Arrivò alla piazza, poi tornò indietro verso il molo per un’altra strada.

Dopo il molo, c’era la banchina della Finanza.

Non c’era nessuno. Squarciò salì sulla motobarca. Attento a non fare rumore, scese sotto coperta. Trasse di tasca un coltello e un piccolo involto. Prima di bucare il serbatoio, preparò un impasto di catrame e di resina. Poi bucò il serbatoio e incollò sopra la pasta. La benzina ci avrebbe messo del tempo a scioglierla, il tempo che voleva Squarciò perché Riva partisse col serbatoio pieno e lo scoprisse vuoto troppo tardi, quando la motobarca era già per mare.

Fece molto in fretta in modo che pochissima benzina uscì dal serbatoio.

Prima di andarsene, Squarciò pulì tutto con uno straccio.

Rosetta lo stava aspettando. Squarciò si sdraiò accanto a lei senza spogliarsi.
– Perché non ti spogli? – chiese Rosetta.

Squarciò si tolse la camicia e i calzoni, si sfilò le scarpe.

Si sdraiò di nuovo e le si fece più vicino.
– Sarai stanco – disse Rosetta. Ma Squarciò faceva sempre l’amore prima di partire per la pesca.

Alle tre, erano ancora svegli. Squarciò chiamò Bore e Antonino. Rosetta preparava il caffè. Squarciò le disse:
– Poi non sei stata buona a farmi un altro maschio!

Rosetta sorrise, e preferì ancora non dirglielo. Ma quando Squarciò la baciava, prima di andarsene, glielo avrebbe anche detto, se fosse stata sicura di impedire così che lui partisse per la pesca.

Rosetta andò a vedere Angelo che dormiva. Poi andò alla finestra, che dava proprio sul molo, e seguì le sagome di Squarciò e dei ragazzi che si allontanavano verso la banchina. Non tornò neanche a letto, perché sapeva che non sarebbe riuscita a dormire.

Passando davanti alla banchina della Finanza, Squarciò vide che la motobarca era già partita.
– È andato avanti per farci la posta – disse Antonino.
– Sì – disse Squarciò. – Ma non potrà andare lontano.

Salirono sulla vecchia barca di Santamaria, e misero in moto. Dopo neanche cinquecento metri videro il profilo della motobarca. Si accese un piccolo riflettore. La voce di Riva intimò l’alt. Squarciò si avvicinò sottobordo.
– Che succede? – chiese.
– C’è una falla nel serbatoio – disse Riva. – Tu ne sai niente?
– Sì – rispose Squarciò – è successo anche a me qualche volta. Una bella fregatura!
– Ti dispiace, vero?
– Certo, maresciallo. Vuoi che ti rimorchi fino alla banchina?
– Da quando in qua mi dai del tu, Squarciò?
– Da quando mi sono accorto che anche tu me lo dai.

Un finanziere gli aveva lanciata la cima, e Squarciò si diresse di nuovo verso l’isola. Quando arrivarono, Riva volle salire sulla barca e la frugò in ogni angolo.
– Che cerchi, l’amo d’oro? – Squarciò non poté fare a meno di chiedergli.
– Lo sa bene che cosa cerco – disse Riva, sottolineando che gli dava del lei.
– Anche lei lo sa, maresciallo, che a bordo non tengo mai niente che possa dispiacerle!

Riva guardava il motore.
– Come lo ha riavuto? – chiese.
– Come le dicevo – disse Squarciò. – È tornato il mio amico.
– E la barca?
– Dovevo fargli un regalo da tanto tempo. È regolare?
– Tutto regolare, anche l’asta.
– Bisogna vivere, maresciallo.
– D’accordo, ma non a spese degli altri.
– Certe volte succede. Succede spesso anche a lei.

Questione di mestieri.

Riva non rispose e saltò a terra. Poi disse:
– Ci rivedremo, Squarciò.
– Per saldare il serbatoio, – gli disse Squarciò mettendo in moto – occorre prima riempirlo d’acqua, se no esplode.