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Squarciò – Capitolo XIII

Squarciò, romanzo di Franco Solinas

L’alba sorgeva allora. Era cessato il vento, le nuvole erano ferme e il mare calmo. Era una calma piatta di settembre.

Dopo tanto tempo, Squarciò tornava per mare. Il ritmo del motore si scioglieva nell’aria opaca, e la scia gorgogliava dolcemente. Squarciò era al timone, Antonino sulla prua, Bore al centro della barca con la destra sulla leva dell’acceleratore.

Tutto sembrava come tante altre volte. Non era straordinario che nessuno parlasse: ma i pensieri di ognuno erano diversi da quelli delle altre volte. Filava la barca che era stata di Santamaria, con la prua un po’ infangata nell’acqua e i bordi troppo alti. Il mare sembrava lago e si increspava soltanto sul dorso di un delfino o su uno sciame di pesci volanti. Una grande giornata per la pesca.

Una dopo l’altra, furono abbandonate le isole dell’arcipelago.

Finché si giunse all’ultima, sulla punta dell’ultima isola che si allunga con una striscia di scogli verso ponente.

Il motore ridusse il suo ritmo. La barca perse di velocità, poi il motore fu spento. Squarciò e Antonino saltarono a terra. Bore ormeggiava la barca.
Squarciò andò in cerca di un suo vecchio nascondiglio.

Ne trasse una scatola di latta, e dentro c’erano micce e detonatori e un grande bossolo da contraerea ancora carico.

Squarciò si sedette su una roccia e strinse il bossolo tra le ginocchia con la capsula in alto. Antonino gli diede lo scalpello e si tenne pronto con una mazza di legno.

Il pollice e l’indice della destra di Squarciò erano ancora rigidi da quella volta. Ma con le altre dita potevano reggere bene la punta sottile e guidarla tutto intorno alla capsula.

Antonino cominciò a battere piano e lentamente. Che cosa pensava Squarciò? Antonino batteva lentamente, e lo scalpello segnava il confine della capsula facendo un solco che serviva ad estrarla.

Era un pericolo stupido che bastava solo attenzione per evitarlo. Saranno state cento e mille le capsule disinnescate da Squarciò. E non dipendeva da Antonino, perché lui era come una macchina e doveva solo battere quando glielo diceva Squarciò.

Era facilissimo, tutti possono riuscirci, anche la prima volta. Basta solo attenzione. Non bisogna pensare a niente altro che alla capsula da estrarre, e non bisogna vedere nient’altro che quella. Se si stancano gli occhi, ci si può fermare a riposarsi.

Lo scalpello slittò d’un millimetro mentre Antonino abbassava la mazza. Squarciò non se ne accorse neppure.

Neanche Antonino fece a tempo ad accorgersi di quello che succedeva. Bore sentì l’esplosione, e si voltò soltanto meravigliato perché non era ancora tempo. Ma allora vide Squarciò per terra e Antonino riverso da una parte.

Quando si dice incidente, si pensa a un fatto imprevisto, che succede per caso e senza ragione. Ma allora forse non esistono incidenti, non esistono per gli uomini come non esistono per le cose. C’è sempre una ragione, sempre una causa volontaria e precisa, anche se a volte è difficile scoprirla. Squarciò sapeva così, sapeva che non era stato un incidente. Gli uomini non muoiono mai per caso, mai per destino o per una giustizia sconosciuta.

Lo scalpello era slittato d’un millimetro, e c’erano tante ragioni perché questo era accaduto. Le ragioni che valevano per Squarciò erano costate anche a suo figlio. Ma non si trattava d’un incidente.

Squarciò aveva le gambe massacrate fino al ginocchio.
Antonino il petto scheggiato, era svenuto ma respirava ancora.

Squarciò provò a muoversi, non ce la faceva. Bore tentava di trascinarlo, e non era abbastanza forte per riuscirvi.

La barca era a cinquanta metri. Antonino perdeva sangue e restava svenuto. Squarciò disse a Bore di pensare a lui.

Bore riuscì faticosamente a trascinare il fratello tirandolo per le braccia. Accostò bene il bordo della barca, e riuscì a portarci dentro Antonino e lo distese sul fondo. Poi tornò dal padre.

Provarono ancora, insieme, disperatamente. Ma era come se Squarciò avesse le gambe fuse col granito. Bore piangeva in silenzio. Alla fine, Squarciò gli disse che era tutto tempo prezioso per Antonino, e che Squarciò poteva aspettare perché altrimenti sarebbe stato inutile per tutti e due.

Bore non disse niente. Provò ancora un’ultima volta, poi non sapeva come salutare il padre. Squarciò gli disse che non doveva temere, che avrebbe resistito finché fossero venuti a prenderlo. Ma gli chiese anche un pezzo di carta, un pezzo di carta qualunque e la matita che teneva a bordo per i conti.

Squarciò gli disse:
– È meglio, non si sa mai –. Egli dettò così: – Se muoio la barca va a Santamaria perché è sua. Ci vogliono ancora dieci rate e Rosetta dovrà cercare di pagarle, così il motore potrà servire ai suoi figli. La casa è di

Rosetta, e anche tutto il resto è suo.
«Basta in cambio della mia vita?» pensò allora Squarciò.

Prese la matita per firmare e stentò un poco con le dita rigide. Aveva firmato Squarciò, perché era sempre stato il suo nome, ma poi temette che forse non era valido per un testamento, e allora scrisse sotto Salvatore Balzano. Restituì la carta a Bore, che non piangeva più. Aveva solo gli occhi troppo larghi e ancora non sapeva come salutare suo padre.

Squarciò gli disse:
– Non hai mai portato una barca tutta da solo.
Bore fece cenno di no.
– Sono sicuro che ce la farai – gli disse il padre.

Bore non sapeva come salutarlo, ma Squarciò gli tese la mano e lui la strinse. Squarciò gli disse ancora: – Sbrigati che tuo fratello dipende da te.

Bore corse allora alla barca. Salì a bordo. Diede una spinta alla roccia in modo di allontanare la prua verso il largo. Girò la manovella d’avviamento. Il motore taceva.

Allora aprì la chiavetta dell’aria. Aprì un attimo la chiavetta della benzina, poi la richiuse. Diede un altro giro di manovella, e il motore cantò. Aprì la chiavetta della benzina e chiuse quella dell’aria. Regolò l’acceleratore e corse al timone.

Non si volse neanche. «Devo far presto» si ripeteva. E forse non pensò neanche alla gioia di essere per la prima volta al timone, di sentire vivere la barca sotto la sua mano e di poter scegliere lui la direzione della prua.

Trovò subito la linea più dritta da percorrere. Si fissò un punto preciso per mantenere quella rotta. Soltanto allora, e per un attimo, si distrasse a guardare indietro verso suo padre. Guardò un attimo il corpo del fratello steso sul fondo della barca. Poi riprese a fissare davanti a sé, con la prua in linea al punto lontano che si era scelto, e fu sicuro che non avrebbe deviato neanche di un metro.