Tragica fine dei fratelli Susini e il cugino traditore
A cavallo tra la prima e la seconda metà dell’ottocento numerosi furono i maddaleni che, esaltati dalle gesta di Garibaldi, vollero anche loro tentare l’avventura sudamericana. Tra i personaggi più famosi, rimasti in secondo piano perchè vissuti all’ombra di Garibaldi, ma il cui eroismo e la dedizione alla causa del riscatto dei popoli oppressi non furono inferiori a quelli dell’Eroe dei due Mondi, sono ben noti Antonio Susini, l’eroe della battaglia del Salto, rimasto poi al comando della Legione Italiana col grado di colonnello, e Giovanni Battista Culiolo, compagno del trafugamento di Garibaldi dopo la disfatta della Repubblica Romana che fu testimone della morte di Anita nella pineta di Ravenna. Per non dir poi del modesto timoniere Giacomo Fiorentino, che ebbe la sventura di essere il primo morto della prima battaglia di Garibaldi; di Angelo Tarantini, che con il tempiese Francesco Grandi (unici sardi) seguì l’Eroe nell’impresa dei Mille; di Nicolò Susini, fratello di Antonio, combattente nella difesa di Roma del 1849 e nei Cacciatori delle Alpi nel 1859; di Pompeo Susini, che non risulta nell’elenco dei Mille, ma che raggiunse Garibaldi a Palermo e combattè a Milazzo; di Luca Spano, giovane pastorello gallurese, maddalenino d’adozione, che da Caprera volle seguire il Generale nella campagna dl 1866 immolandosi nella battaglia di Montasuello.
In quegli anni, come si rileva scorrendo i ruoli della Marina Sarda e subito dopo quelli della giovane Marina Italiana, le navi che si trovavano in crociera nei porti sudamericani venivano spesso a trovarsi in difficoltà per i frequenti casi di diserzione di marinai che, per spirito di avventura e per emulare le gesta di Garibaldi, lasciavano l’imbarco per andare a combattere in favore dei popoli tiranneggiati dal dittatore di turno. I porti in cui i maddalenini disertarono con maggior frequenza furono quelli di Montevideo e di Callao di Lima.
Una lettera (o una pagina di diario), di cui purtroppo ci è giunto solo un frammento, rivela la triste storia di due fratelli maddalenini vittime in Paraguay nella sanguinosa repressione che fece seguito alle congiure contro Francisco Solano Lopez. La lettera proviene da uno dei più interessanti archivi privati maddalenini, quello di Pietro Susini, che comprendeva anche l’archivio e la biblioteca a lui lasciati in eredità da Daniel Roberts, il tutto purtroppo andato disperso. Apprendiamo da essa come due dei fratelli di Pietro, Antonio e Nicolò, rimasero vittime dell’ambizioso Lopez che, dal 1864 al 1870, coinvolse il proprio paese in una crudele guerra che si concluse con la completa disfatta del Paraguay.
Il conflitto era scoppiato per due ordini di motivi: da un lato stavano le oscure manovre dei governi argentino e brasiliano di far cadere nella loro sfera di influenza il tormentato Paraguay; dall’altro si contrapponevano i propositi di Solano Lopez di dare al Paraguay uno sbocco sull’oceano atlantico. Questi aveva stretto alleanza con i gruppi conservatori dell’Uruguay e si era fatto chiamare per garantire la libertà e l’indipendenza alla repubblica di Montevideo. Ma i governanti argentini e brasiliani, in unione con i liberali e legittimi reggitori della repubblica uruguayana, compreso il pericolo che si nascondeva dietro il passo di Solano Lopez, strinsero tra loro una triplice alleanza e si opposero con la forza al loro ambizioso vicino.
Numerose furono le congiure contro Lopez; quasi tutte però si conclusero con cruenti bagni di sangue per l’infida opera di delatori e traditori allettati dai lauti compensi che venivano offerti dal dittatore. Vittime di una di queste congiure furono appunto i due Susini. Ed ecco come Pietro annota la triste vicenda dei suoi due fratelli: “Morte delli miei due fratelli, Antonio è morto in carcere essendo ammalato morì il giorno 28 luglio 1868 che fu arrestato per ordine di Lopez per essere complice di una rivoluzione nel Asuncion del Paraguay, America del Sud. Nicolò ha avuto anch’esso la medesima sorte che fu fucilato il 9 di agosto 1868. Nella medesima condanna furono esecutati 588 fra uomini e donne. Tale notizia venne ricevuta dal cugino Antonio Susini che si dice che il sassino (sic) dei due fratelli sia egli stesso per impossessarsi dei loro rintuzzi”.
Queste poche ma significative parole ci fanno rivivere in tutta la loro cruda drammaticità la sorte dei due fratelli traditi dal cugino resosi delatore per entrare in possesso degli averi delle vittime, cioè, in un maddalenino ormai scomparso, dei loro “rintuzzi”. Tragica fine doveva poi fare il dittatore Lopez: nel 1870, conclusasi la guerra con la completa disfatta del Paraguay, fuggi da Asuncion inseguito dagli eserciti vittoriosi e raggiunto nelle paludi a nord della capitale fu massacrato.
E’ probabile che neppure il cugino traditore, che certamente non è quell’Antonio della Legione Italiana divenuto poi ammiraglio, si sia salvato. Alla fine della guerra, infatti, la popolazione del Paraguay, che nel 1865 contava 525.000 unità, si era ridotta nel 1871 a 221.000 abitanti di cui appena 28.000 uomini.