Viaggio in Sardegna di M. Valery
La colonia corsa che circa un secolo fa si stabilì alla Maddalena ne occupò dapprima la sommità, nel punto in cui oggi si trova la chiesetta della Trinità. Questa colonia si estese poi coi rifugiati che fuggivano la coscrizione dell’Impero, e oggi conta circa 1.500 abitanti che hanno conservato la lingua dell’isola originaria. Questo punto divenne, durante il blocco continentale, un vasto e ricco deposito di merci inglesi.
È impossibile non essere colpiti dalla pulizia e dalla buona costruzione delle case, tutte imbiancate all’esterno.
Questa sorta di splendore è dovuto principalmente al barone di Geneys, creatore della marina sarda, una ventina d’anni fa comandante della Maddalena e vero fondatore dell’attuale città, tanto ha contribuito ad accrescerla e ad abbellirla. L’isola è pressoché incolta, a eccezione di qualche vigna che dà un vino eccellente e un’ottima uva passa. È abitata soltanto da famiglie di marinai: perciò la popolazione delle donne mi sembrò esorbitante, dato che i marinai sono il più delle volte in viaggio e che cinque o seicento di loro erano allora impiegati nel porto di Genova.
Dalle fila degli abilissimi marinai della Maddalena provengono uomini arrivati ai massimi gradi, come i due Millelire, il primo morto come comandante dell’isola, il secondo ancora oggi direttore dell’arsenale di Genova, e diversi altri ufficiali meritevoli, come A. Zicavo, capitano del porto e comandante di marina alla Maddalena.
La chiesa, abbastanza bella per un così piccolo porto, era stata tinteggiata di recente in occasione dell’imminente visita del vescovo. Questa chiesa fu ricostruita a cura del barone di Geneys con le offerte volontarie degli abitanti.
I materiali tratti dalla penisola della Testa, vicino a Longosardo, e dall’isola di Tavolara, erano stati sollecitamente trasportati, nei giorni di festa e nelle domeniche, dalle donne e dai bambini. Questa gioiosa e commovente corvée sembra confarsi ai costumi religiosi dell’Italia; è più o meno allo stesso modo che fu eretto lo splendido tempio consacrato da Canova al suo luogo di nascita, e che ora è la sua tomba.
Questa chiesa di un’isoletta non frequentata offriva, ancora fino a pochi anni fa, i diversi regali dei due principali capitani di terra e di mare che il nostro secolo abbia visto: i candelabri e la croce d’argento, con un Cristo dorato, dati da Nelson e la bomba lanciata di suo pugno da Napoleone, dall’isola di Santo Stefano, quando, come comandante in seconda del battaglione dei volontari del Liamone, faceva parte della sfortunata spedizione diretta nel 1793 contro l’isola della Maddalena.
Questa bomba fu lanciata vuota da Napoleone che volle soltanto spaventare gli abitanti, quasi suoi compatrioti; essa cadde pacificamente in una tomba in mezzo alla chiesa precipitosamente abbandonata dai fedeli, i quali non mancarono d’attribuire alla protezione di Santa Maddalena, patrona della chiesa e dell’isola, il miracolo della caduta inoffensiva dell’ordigno.
Ho visto i candelieri dal procuratore della fabbriceria, mercante di tele, il quale per maggior sicurezza li custodiva nel suo negozio.
La bomba fu ceduta nel 1832, al prezzo di 30 scudi, a un inglese, il signor Craig, commesso della casa Macintosh di Glasgow, stabilitosi alla Maddalena, dove faceva raccogliere dalle rocce il lichene verdastro chiamato herba tramontana che la chimica inglese utilizza con successo, così come i licheni di Corsica, nelle tinture. Un consigliere municipale aveva negoziato lo scambio della bomba che fu inviata in Scozia all’insaputa degli abitanti. I 30 scudi dovevano servire all’acquisto di un orologio di cui la parrocchia era ancora mancante.
Tuttavia i due grandi donatori della Maddalena non ne hanno mai toccato il suolo. Nelson, che consentiva ai suoi ufficiali di scendere a terra, non volle mai lasciare neppure per un istante la sua nave, e il corpo d’armata di Napoleone fu respinto. Quella carriera così gloriosa, quelle innumerevoli vittorie in tanti lontani campi di battaglia, dovevano stare tra due disastri: il piccolo e oscuro fallimento della Maddalena e l’immenso rovescio di Waterloo.
Parigi 1837