La Maddalena AnticaMillelire, una famiglia e le sue mille storiePersonaggi maddaleniniRubriche

Antonio Carlo Millelire

In una sorta di foglio matricolare, redatto a Genova dalla maggiorità della regia marina datato 18 aprile 1839, a 14 giorni dalla sua morte, si legge quale intestazione del documento: “Carlo Antonio Millelire, figlio di Pietro e Maria Ornano, nato il 22 novembre 1765 in isola della Maddalenaʺ. Come già detto, non è possibile riscontrare questa data per la indisponibilità del registro bonifacino dei battesimi relativi a quell’anno, per cui essa va presa per buona anche in riferimento agli anni di vita indicati nella lapide tombale. Lʹabbinamento con il nome Carlo, però, ha un precedente importante in un documento ufficiale dell’ 1 febbraio 1826. In quella data il re Carlo Felice firmò la patente con cui conferiva al cavaliere Carlo Antonio Millelire il titolo e grado di capitano di fregata e di luogotenente colonnello di fanteria. Si tratta del primo documento conosciuto in cui è stato utilizzato il doppio nome, e anche l’unico in vita dell’interessato.

Con lo stesso nome composto lo troviamo, infatti, indicato anche in un corposo documento intitolato: “Stato nominativo deglʹindividui appartenenti all’isola della Maddalena che si dedicarono al servizio della Regia Marina dal 1851 indietro”, senza data, ma verosimilmente compilato intorno al 1865 dal consiglio principale d’amministrazione del corpo reale equipaggi. Poiché non si hanno elementi utili a chiarire il problema di come sia prevalso l’uso del solo nome Antonio e di come sia sopraggiunto successivamente quello di Carlo, la questione si risolve riconoscendo che le precise corrispondenze che sono state accertate attestano che si tratta della stessa persona. Appare molto probabile che il nome Carlo, dato per distinguerlo dal precedente, sia stato nell’uso corrente non utilizzato, prevalendo l’indicazione del solo nome di Antonio, come per il fratello Giò Agostino è invalso l’uso del solo nome Agostino.

Antonio sposò l’il ottobre 1789 Santa Varriani, ebbe ben 9 figli, ed anche questa coppia soffrì il dramma di due figli di nome Pietro morti precocemente.

Il primogenito, come di tradizione ebbe il nome del nonno paterno e morì a 13 anni nel 1802. Il successivo figlio maschio nato dopo la morte del precedente Pietro ebbe lo stesso nome e morì a 17 anni nel 1822. Tra i figli sopravvissuti si ricordano Maria Luigia che sposò Nicolò Susini, Giovanni Battista di cui si daranno più avanti dei cenni biografici, come anche per Francesco che sposò sua nipote Mariuccia Brandi.

Secondo il foglio matricolare citato, Antonio fu arruolato come marinaio nel maggio del 1784, e quindi a poco meno di 20 anni. Questo dato è confermato da molti documenti di “Rivistaʺ del personale imbarcato nell’armamento leggero marittimo, in particolare del primo quindicennio del XIX secolo, a firma del comandante Desgeneys.

Due anni dopo fu promosso timoniere e dopo altri due ebbe il grado di secondo piloto, con una progressione accelerata rispetto a quella, per esempio, del fratello Domenico. L’ufficio della maggiorità del corpo reale equipaggi, estensore del documento matricolare succitato, annotava quasi nulla dell’attività di Antonio nel periodo che correva dal suo arruolamento sino all’aprile del 1818, quando i ruoli del personale del corpo divennero più certi.

Dai nostri documenti sappiamo qualcosa di più, oltre la mera elencazione delle promozioni ed avanzamenti di grado. Antonio avviò la sua vita militare al fianco del fratello Domenico, a bordo della mezza galera Santa Barbara, sotto il comando del capitano tenente Francesco Maria De Nobili che dopo qualche mese, trasferito alla piazza di Cagliari come maggiore in 2°, dovette cederlo al luogotenente Vittorio Porcile. Successivamente fu anche a bordo della Beata Margherita, sotto il comando di Desgeneys. Nel 1786 fu promosso timoniere e 2 anni dopo era già sotto piloto, scavalcando il fratello Domenico di lui più anziano di età e di servizio, ed avviandosi ad una carriera molto positiva, soprattutto considerando il fatto che, come tutti gli isolani, iniziò da semplice marinaio.

Nel 1791 avanzò la richiesta di essere promosso piloto, con una propria memoria trasmessa pervia gerarchica. Il cav. De May, in quel momento comandante dell’armamento leggero, la inoltrò al viceré, attestando che: “..non ho che lodare lo zelo e la esattezza di questo soggetto, capace di adempiere all’incarico di piloto”. Nella stessa nota De May ci fornisce una importante informazione sinora sconosciuta nella biografia di Antonio. Scriveva, cioè, che il richiedente era adeguato al ruolo: “soprattutto dopo che ha fatto i suoi studi a Villafranca”. (10) Antonio, quindi, aveva seguito un corso nel “porto reale”, e per partecipare a quella occasione di formazione doveva avere un adeguato livello culturale di base, e infatti da alcuni documenti si rileva che non solo sapeva apporre la sua firma, ma anche scrivere di proprio pugno il testo, con scrittura chiara e sufficientemente corretta.

Da Cagliari la richiesta, con allegato il “certificato di abilità” conseguito al corso, fu trasmessa alla segreteria di guerra e marina presso la corte torinese con un’indicazione a lui positiva nei confronti del solito piloto Rossetti appena promosso. Il viceré, infatti, sostenendone l’istanza, scriveva che Antonio: “conta senza dubbio più lunghi servizi e sperimentata abilità del piloto Rossetti a cui ora dovrebbe essere subordinato” Nel carteggio si rileva che inizialmente si obiettò che Rossetti era stato promosso per meriti di guerra, a seguito della sua partecipazione alla preda di una galeotta barbaresca di 20 uomini ed un ricco carico nelle acque delle Bocche di Bonifacio il giorno 9 maggio 1790. La soluzione venne dopo che la corte potè valutare due episodi di guerra a favore di Antonio, in particolare quello avvenuto il 21 novembre 1790 e quello dell’1 giugno del 1791. Entrambi si riferiscono a combattimenti contro i barbareschi: il primo avvenne con due grossi legni che da qualche giorno erano in agguato contro le isole, che affrontati con risoluzione dai sardi si ritirarono; il secondo si svolse sempre nelle acque dell’arcipelago e fruttò la presa di una grossa galeotta tunisina con 27 uomini fatti prigionieri e schiavi. Con un proprio dispaccio di fine luglio delio stesso 1791, il viceré informò Antonio che il suo ricorso era stato accolto e che era stato equiparato al Rossetti nel grado e nella paga.

Come spesso accadeva la collocazione nella nuova posizione era funzionale ed economica ma non ancora giuridica, probabilmente per via dell’organico. La “effettività” giunse successivamente. Il 24 luglio 1793 secondo il foglio matricolare della maggiorità del corpo reale equipaggi; 6 anni dopo, il 20 giugno 1799, secondo la regia provvisione registrata nei documenti cagliaritani. Questʹultimo documento, inoltre, specificava la nomina a piloto della mezza galera Santa Barbara, con il riconoscimento del “lodevole servizio e capacità negl’affari e regole di marinaʺ. I successivi “Elenchi nominativi degli ufficiali di marina”, tutti firmati da Desgeneys, riportano sempre la seconda del 1799. Le date ritornano coerenti tra le due fonti nel prosieguo della carriera sino al 1811, quando la fonte cagliaritana cessa e resta solo quella genovese. Nel 1802 ebbe il grado di sottotenente di fanteria, nel 1808 quello di sottotenente di bordo nella regia marina e nel 1811 fu promosso capitano tenente di fanteria.

Oltre i dati curricolari in senso stretto, in questo periodo si registrano almeno quattro situazioni di particolare importanza per la sua biografia. La sua perfetta conoscenza del mare dell’arcipelago maddalenino e le nozioni cartografiche acquisite al corso di Villafranca gli consentirono di realizzare nel 1805 una bella carta nautica che servì da base per le successive ricerche di Desgeneys e di Giuseppe Albini.

Nello stesso anno, a dicembre, era impegnato in operazioni commerciali al comando di una gondola mercantile con un “bellissimo passavanti francese” datogli dal Commissario generale di Francia. Si trovava a Porto San Paolo quando uno sciabecco barbaresco, ignorando il suo passavanti (il rais magrebino affermava di non saper leggere), lo catturò e lo portò a Tunisi. Qui il console francese confermò l’inutilità del permesso e Antonio, che si autodefiniva coglionato, fu dichiarato schiavo. Scrisse a Desgeneys per segnalare la situazione, approfittando, con grande lucidità e spirito di osservazione, per dare notizie sulle azioni e sugli armamenti dei barbareschi. Venne liberato dopo qualche mese, probabilmente attraverso uno degli scambi periodici che prevedevano tre barbareschi contro un cristiano, e il 26 maggio 1806, appena arrivato a Cagliari, relazionò su tutto ciò che aveva visto e annotato a Tunisi. Nel 1810, inoltre, al comando della galeotta La Bella genovese con 27 uomini, catturò una tartana marocchina, compreso il rais Ben Aly Chiliqui, fatto questo che dovette concorrere alla promozione ottenuta l’anno seguente.

Nel frattempo Antonio decise di mettere su casa, nel senso che decise di costruire una casa degna del suo rango in ascesa. A questo proposito partecipò ad un’asta per la vendita di una casa erariale stabilita da Desgeneys a favore della Regia Marina. Ce ne da conto il corposo documento intitolato “Atto di vendita d’una casa di r. pertinenza sita vicino al molo dell’isola Maddalena e ceduta al sig. Antonio Millelire di Pietro, nativo ed abitante in dett’isola, dal Consiglio di Amministrazione della Regia Marina con autorizzazione ed approvazione di S.M.”. L’immobile, secondo il documento, era una ʺcasa vicina al molo di Cala Gavetta, la quale affronta dalla parte di levante con la casa della vedova Maria Nunzia Altieri, dalla parte di ponente e mezzogiorno riguarda il mare e dalla parte di tramontana affronta con la casa di padrón Domenico Susini strada per mezzo”. La procedura dell’asta fu avviata, l’8 aprile 1808, con la pubblicazione del manifesto (il tiletto invitante) nella porta della chiesa da parte del serviente la curia, il graziato Laguerra. Esposero le loro offerte il sottotenente di fanteria e piloto Antonio Millelire e il bailo dellʹisola Agostino Carzia: il primo offrì 710 scudi sardi, il secondo ne offrì 800. Desgeneys insoddisfatto rinviò la chiusura dell’asta e insistette per un rilancio delle offerte. Antonio portò la sua offerta a 900 scudi ma il comandante ritenne ancora insufficiente la somma proposta, azzerò la procedura e fece pubblicare un nuovo tiletto dʹinvito. Stavolta Carzia si ritirò dalla competizione e Antonio risultò l’unico offerente con la somma di 1.000 scudi, che Desgeneys ritenne adeguata. Il Consiglio di Marina, a sua volta, confermò il giudizio positivo autorizzando la cessione della casa, d’altronde l’affare era stato buono perché l’estimo iniziale l’aveva valutata 718 scudi sardi e spiccioli. L’atto di compravendita fu redatto in Cagliari il 17 giugno 1808 e Antonio poté iniziare i lavori di edificazione del palazzetto sino a qualche anno orsono abitato dai suoi discendenti Millelire‐Piras.

Nel maggio del 1814, quando il Re lasciò Cagliari per rientrare a Torino liberata dal dominio francese, Desgeneys, ancora al comando della flottiglia militare che stazionava a La Maddalena, dovette lasciare l’isola per la terraferma fra maggio e settembre dello stesso anno. Anche il naviglio di maggior stazza fu richiamato nel nuovo porto reale di Genova, e Antonio fu incaricato “provisionalmente” del comando del residuo armamento navale mantenuto alla Maddalena. In quel periodo organizzò col fratello Agostino la difesa contro i barbereschi, che ripresero a minacciare l’isola ormai sguarnita e indifesa. In seguito anche lui raggiunse Genova, partecipando a quel folto gruppo di maddalenini che i detrattori di Desgeneys denunciavano essere una sua corte personale. Negli anni tra il 1818 e il 1823 esercitò da imbarcato il comando prima dei brigantini Zeffiro e Nereide, quindi della corvetta Tritone. La sua carriera militare si sviluppò con la promozione a luogotenente di vascello nel novembre 1815, nel 1819 a primo luogotenente di vascello, nel 1825 a capitano in 2° di vascello e maggiore di fanteria col titolo e grado di capitano di fregata, la cui effettività gli venne riconosciuta 3 anni dopo. Si completò, infine, con la promozione a capitano di vascello in 2° e a colonnello di fanteria nel novembre 1830. Nel frattempo, nellʹaprile 1824, ebbe conferite le insegne dellʹOrdine dei santi Maurizio e Lazzaro. Concluse la sua attività professionale di militare con il comando di enti a terra a partire dal Lazzaretto di Varignano‐La Spezia dall’ottobre 1832. Fu ispettore di sanità dal 1836 e quindi Direttore del regio arsenale di marina di Genova sino al suo decesso, avvenuto il 4 aprile 1839.

Antonio ebbe rapporti ottimi con Desgeneys, cui vendette il terreno a Cala Gavetta dove sorse la casa del barone, e lo assistette anche nei successivi acquisti immobiliari nell’isola. Mantenne sempre un legame con la comunità d’origine, facendosi spesso interprete delle sue esigenze anche presso Desgeneys. Fu per suo tramite che, nel 1827, dopo aver regalato alla chiesa il pulpito e la balaustrata, questi chiese alla popolazione un intervento straordinario e definitivo per “contribuire a completare lʹopera ed il lustro della chiesa, facendosi l’altare maggiore di marmo”. A La Maddalena si raccolse del denaro, ma fu ancora fondamentale l’apporto del barone che, nel marzo 1831, faceva sapere al Consiglio Comunitativo che l’altare era pronto e lo avrebbe inviato con la corvetta Ardita. Antonio, conoscendo bene i suoi concittadini, sperava che ʺcolla più grande persuasione le SS. VV. Ili me s’adopreranno di tutta la loro possa a quanto loro invito” e raccomandava ai consiglieri che “Valtare venghi prontamente eretto con quella precisione voluta, e che si adopereranno onde spianare quelle difficoltà che potessero occorrere sui fondi necessari a tal opera … che potranno essere agevolmente prelevati da quelli della Comune, trattandosi di pubblico monumentoʺ. I dubbi, insiti nelle sue parole, vennero subito alla luce. Malgrado l’impegno profuso dai due ufficiali, il prezioso dono rimase per mesi nelle casse che lo contenevano. Il ritardo fu causato dal desiderio dei maddalenini di risparmiare: avevano imbastito una corrispondenza con le autorità governative per evitare di pagare il dazio sullʹaltare!