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Centro storico di La Maddalena

Il primo popolamento stabile: 1799 La Maddalena base della Marina sarda; l’insediamento militare e il sistema dei forti.

Sulla scorta di documenti d’archivio è possibile formulare l’ipotesi che i piemontesi, probabilmente in occasione o subito dopo la costruzione della nuova Chiesa, impongono una sorta di “piano regolatore”, da attuare in modo razionale, come è avvenuto per Carloforte e Santa Teresa di Gallura.

Centro storico di La MaddalenaTale ipotesi spiegherebbe la centralità della posizione dell’edificio di culto e della piazza antistante, una sorta di fulcro, attraversata da est ad ovest dalle odierne vie Vittorio Emanuele e largo Matteotti e da nord e sud dalla via Ilva e dalla via Italia.

Tutto il territorio, immediatamente retrostante alla costa, viene quindi parcellizzato in funzione dell’accidentata orografia, dove le attività legate alla marina e le fortificazioni settecentesche assumono il valore di “poli” ed, in funzione dei quali, viene costruita la rete viaria, così detta “esterna”.

A chi osserva una “veduta della Maddalena del 1787” pubblicata dal Garelli, non può sfuggire il fatto che l’abitato conta già numerosi palazzetti a due piani, denotando una situazione economica che relegava nei più tristi, sebbene non lontani ricordi, il tenore di vita condotto negli stazzi de La Villa.

L’espansione urbana fu molto rapida e simultanea all’abbandono della Villa, ove nel 1779, erano “altri pochi, che ivi sono rimasti, per non voler abbassare alla marina“, come diceva il Vescovo di Ampurias e Civita, recatosi nell’arcipelago in visita pastorale.

Le instaurate condizioni di sicurezza favoriscono il popolamento della costa, presso Cala Gavetta, ove comincia a svilupparsi il primo centro abitato, con una adeguata organizzazione economica ed organizzativa.

Nel 1794, come si rileva da una lettera tra il Bailo Fravega e il Vicerè, viene concesso ai residenti nelle isole di “chiudere” i terreni per solo uso agricolo, lasciando “aperti” quelli destinati a pascolo.

Intanto va formandosi anche l’organizzazione amministrativa e La Maddalena ha il suo primo sindaco con Antonio Ornano.

La vendita della Corsica alla Francia, le lotte tra Francia e Regno sardo e l’episodio del 1793 risoltosi con insperata fortuna, sono elementi che tendono a dare, alla vita cittadina di La Maddalena, un distacco sempre più netto da Bonifacio.

Il tramite è fornito dal barone Giorgio Andrea Des Geneys, che in qualità di capo squadra e comandante la Regia marina, soggiorna a La Maddalena durante il periodo napoleonico.

Il 10 dicembre 1799 l’isola, per il sistema delle fortificazioni, per la sicurezza delle sue cale e per la fedeltà dimostrata dai suoi abitanti alle insegne savoiarde, viene definita “base marittima”.

All’epoca esistevano già la Torre di Santo Stefano, la Batteria Balbiano, il Forte Sant’Andrea con il Quartiere dei Cannonieri, la Batteria Sant’Agostino, il Forte San Vittorio ed il Forte Santa Teresa o Tegge. Dove è oggi il comando della Guardia di Finanza, venne costruita la residenza di tipo coloniale per il Bailo e per il comando marittimo.

Ma l’arrivo del Des Geneys contribuisce, in particolare, a crescere le strutture necessarie per l’assistenza dei velieri militari.

Sulla stessa scogliera, dove oggi sorge l’edificio della Capitaneria di Porto, ma orientato a Sud-Est per mettere al riparo la popolazione della Cala da eventuali contagi, venne costruito un disinfettore. Lungo la cosiddetta “passeggiata della Quarantena”, vale a dire dal Comando della Regia Marina al cuore della Cala, si ricavarono, scavando nella roccia, alcuni magazzini per adibirli a “Regie carbonare”.

Poiché la prima nave a vapore venne acquistata dalla Reale Marina Sarda soltanto nel 1835 (il Guinara), c’è da immaginare che le “Regie carbonare” dovessero essere impiegate, almeno fino a tale data, come magazzini per cordami (gavette) e velature per bastimenti tradizionali.

In questi anni, all’incirca dal 1800 al 1814, l’area urbana occupò interamente la penisoletta e risalì il declivio retrostante: tra le costruzioni allora iniziate ricordiamo l’ampliamento della chiesa parrocchiale, alla quale è legata la generosa sollecitudine del Des Geneys.

Il gruppo maddalenino originario abitava allo Spiniccio, nelle case con stanze giustapposte possibilmente con un cortiletto retrostante, o nei piccoli e massicci palazzetti della Marina a due piani.

Il gruppo napoletano si era invece esteso lungo la striscia costiera di Mangiavolpe, articolando il suo sviluppo lungo un antico gradino di battente, arretrato di una trentina di metri rispetto alla costa del tempo.

Posizione molto opportuna e rispondente anche al tipo di casa ” napoletana” che si completa di terrazzo, e al servizio che deve espletare il piano terra, adibito a deposito e a magazzino.

Il piano superiore apparteneva in genere a commercianti e rivenditori; il piano inferiore ai pescatori, che spesso usufruivano di un immediato quanto opportuno riparo per le imbarcazioni.

Il gradone anzidetto ha inoltre determinato l’andamento tortuoso di via Garibaldi, ove si fronteggiano case che, nonostante recenti adattamenti ed alterazioni, conservano ancora, nella propria struttura complessiva, elementi di netta distinzione.

Uno di questi è la volta, che compare ancora in molte stanze delle case di Mangiavolpe e per la quale si utilizzava il tufo che portavano qui dall’isola di Santa Maria o da Capo Figari.
Nello stesso Corso esiste ancora una casa con scala esterna di chiara derivazione ponzese.

La scala esterna, poi demolita nel centro urbano per favorire la viabilità, era un altro elemento che distingueva i due tipi ” etnici” di costruzione, ora omogeneizzati e scomparsi.

Nella parte pianeggiante e più interna di Cala Gavetta furono costruiti già in precedenza, come abbiamo visto, baracche, capannoni e magazzini militari.

Per iniziativa del Des Geneys, ma pare anche per suo disegno, vengono costruite due nuove fortificazioni: una a La Maddalena chiamata Forte Carlo Felice e l’altra nell’isoletta di Santo Stefano, denominata Forte San Giorgio.

Sorge un “ospedaletto” militare, in parte tuttora in piedi, al confine col Lazzaretto, tra la via Domenico Millelire ed il cortile attualmente occupato dall’albergo “Flat House”.

Sulla riva opposta, nel frattempo, trasferitosi il Comando della Regia Marina a Genova, la dimora del Bailo era passata in un primo tempo alla Dogana; ma quando questo Ufficio, insieme al Dazio e in seguito alla Pretura, venne spostato prima nel Palazzo Azara e poi nel palazzo Roberts, (noto fino agli Anni ’60 come “Palazzo degli Uffici”), i locali in questione passarono alle Regie Guardie di Finanza.

Verso il 1820, per impedire che con le mareggiate di maestrale l’acqua raggiungesse l’interno delle “baracche”, vengono costruiti i primi rudimentali bordoni di banchinamento.

Intanto, grazie ad una serie di riempimenti, del primo vero scalo-arsenale (smantellato da diversi decenni, dopo il trasferimento della flotta) si era finito col perdere qualsiasi traccia.

La via che ne risultava a lavori ultimati, anomala nel contesto viario del centro storico, sia per larghezza che per terrazzamenti laterali, veniva dapprima denominata Via Grande (o Larga n.n.) e quindi, per assimilazione di concetto, Via della Processione.

Questo in effetti era il nome, in origine, del tratto di strada che, dalla porticina di ponente della Chiesa, immetteva i cortei religiosi direttamente nell’attuale via Zonza: una carta del XIX secolo segnala infatti i due toponimi.

Concluso il periodo napoleonico e trasferita a Genova la base della Marina Sarda nel 1814, La Maddalena perdette la sua importanza di piazzaforte militare e quindi quel benessere che ad essa derivava dalla permanenza di truppe a terra e di una squadra navale in rada.

L’ampliamento urbano subì, per conseguenza, un arresto quasi totale in uno con l’arresto dell’incremento demografico, ed essa, come diceva Alberto Ferrero Della Marmora, “divenne una cittadina di vecchi, donne e bambini, perché la gioventù valida era nella flotta militare e commerciale della Marina Sarda”.

Lo stesso autore scriveva che ” il borgo è ben fabbricato; tutto vi annunzia la proprietà, lo che offre un contrasto sorprendente con altri villaggi della Sardegna“.

Nel censimento del 1871 la città appare articolata in due sezioni, evidentemente per utilità di rilevamento, ma anche per distinto aspetto topografico: sezione Marina e sezione Castelletto.

Questa comprendeva il settore ad occidente della chiesa, che declina nell’attuale Via Cairoli.

Una frazione di censimento, denominata Quarantena, comprendeva l’abitato sulla sponda occidentale di Cala Gavetta, là dov’è ora Piazza Saint Bon con i suoi diversi edifici.

Come la frazione Marina si era sviluppata sotto la protezione della batteria Sant’Agostino anche la frazione Quarantena, così detta perché vi era il Lazzaretto, si era sviluppata sotto la protezione del Forte Balbiano.

Il ristabilimento della piazzaforte nel 1887 condusse verso un rapido miglioramento generale, che la città registrò come un indice sensibilissimo nel suo ampliamento edilizio.

Le costruzioni civili e militari si estesero lungo tutto il settore costiero meridionale dell’isola sino a Punta Moneta, circondando di banchine, di scali e di magazzini la Cala Mangiavolpe, Cala Chiesa, Cala Camiciotto, Cala Camicia, adattando, scavando e dragando la costa e il mare antistante.

Gli alloggi per i militari e per i civili addetti all’arsenale si svilupparono nelle aree immediatamente retrostanti, con un piano regolatore razionalmente attuato, con palazzine a più piani ed a più appartamenti, trasformando l’incolto e aspro paesaggio originario in una città giardino dalla folta e vivace fioritura subtropicale.

Il nuovo impianto edilizio, considerato nel suo intero complesso plurifunzionale, estendeva improvvisamente di circa sei volte l’area urbana de La Maddalena, con un fervore di opere pieno di eccitato dinamismo.

In questo periodo -1890 – Maddalena e Caprera furono collegate via terra con una diga bassa, lunga 600 m, interrotta da un ponte girevole.

Mentre nell’ambito del perimetro cittadino del 1887 si riempiono i vuoti, e taluni edifici vengono provvisoriamente destinati ai nuovi uffici previsti, la città si amplia verso oriente.

Si procede alla stabilizzazione ed alla colmata della parte più interna di Cala Mangiavolpe, formando così la vasta Piazza Renedda (poi Piazza Umberto I), circondata dalle palazzine del Comando.

L’edificio postale, costruito di recente (1958), ha tolto alla piazza parte della visuale, ed ha alterato lo stile umbertino della medesima.

Nello stesso tempo il centro abitato si è ampliato con edifici di minor volume.

Il trasferimento del cimitero alla “Villa”, ha consentito l’ampliamento della città risalendo la collina verso il cimitero vecchio, completando lo sviluppo assunto più ad occidente con il grande edificio scolastico (1903-1911) e con il campo sportivo.

Un’altra direttrice ” borghese ” di ampliamento si è attivamente inserita nel settore occidentale, oltre Spiniccio.

Qui, a fianco ad abitazioni nuove ma di stile tradizionale, sono sorti palazzi a più piani e graziose villette.

Sulla costa, l’albergo Esit (Ente Sardo Industrie Turistiche), è l’emblema del nuovo tipo di costruzione che rinunzia al granito ed alla tradizione.

E’ importante osservare che la pianta cittadina è il risultato di una giustapposizione di due aspetti e funzioni molto diverse, ma ovviamente interdipendenti: ad occidente si estende la città borghese e ad oriente quella militare, che occupa una superficie poco più che doppia.

Le fortificazioni ottocentesche perdono di significato ; coinvolgimento delle altre isole dell’arcipelago e della costa sarda da Santa Teresa di Gallura a Olbia; terza dilatazione territoriale della città.

Attorno a Cala Gavetta vengono quindi sorgendo : la Regia Caserma dei Carabinieri, insediatasi nella antica casa Azara; i Castelletti tra la stessa casa Azara e i vicoli che prenderanno i nomi di via Principessa Isabella, via Castelfidardo, via Cavour e via Magenta ; piazza Barone Des Geneys e, più tardi, via Agostino Millelire (già contrada di Cala Gavetta) e quindi via Cairoli.

Il centro abitato si è ovviamente esteso, soprattutto verso levante, invadendo la piazza degli Olmi, soffocando la batteria Balbiano e facendo sparire il Forte Sant’Agostino.

La stabilità economica, per quanti erano dediti ai mestieri della pesca ed alle attività ad essa collegate, andava esercitando un notevole richiamo per i più sfortunati pescatori dell’Italia meridionale, in particolare per quelli del litorale tirrenico.

Il fatto che sulla piazza maddalenina si potesse far affidamento su un mercato decisamente stabile, grazie alla moneta che veniva immessa puntualmente dalla Regia Marina sotto forma di stipendi e pensioni, portava infatti i più avventurosi a trasferirsi in questo arcipelago, forti unicamente della loro barca, di alcuni “mestieri” e di rari oggetti personali.

Tutte le fortificazioni vengono spogliate degli armamenti e rese inservibili, perdendo il loro significato storico e militare.

In questo periodo le abitazioni civili del settore orientale della città si sono sviluppate nel rione Due Strade, che presenta un allineamento di palazzine sul tipo residenziale “città giardino”, mentre un altro incolato si sviluppa contemporaneamente a Moneta, tra Cala Camicia e Piticchia, con casette a un piano, destinate soprattutto agli operai civili addetti al cantiere navale militare.

Quest’ultimo agglomerato figura per la prima volta con la qualifica di centro abitato nel 1936, ma in pratica esprime l’ampliamento più lontano dell’incolato rispetto al baricentro cittadino.

Nel 1949 la Marina trasferisce da Venezia a La Maddalena la Scuola meccanici e poco dopo da Portoferraio la Scuola nocchieri; nel 1951 riprende a funzionare, sia pure con mansioni molto limitate, l’Arsenale.

Pierluigi Cianchetti

Dal palazzo Roberts (casa Roberts) riportiamo la scheda dell’arch. Vico Mossa dal volume: “Architettura e paesaggio in Sardegna”, C. Delfino editore, 1981, intitolato “Un’antica casa di La Maddalena”.
La Maddalena vide sorgere il primo nucleo attorno a Cala Gavetta appena nel 1770.
Le case, di asciutta architettura, luminose, linde e serene, ebbero sin dall’inizio ambizioni cittadine: intonacate e tinteggiature color pastello, come usavano nelle rare borgate costiere galluresi che non volevano mostrare l’ossatura del grigio granito, come i paesi dell’interno. Sull’architrave del portone di una casa è incisa la data del 1808 (casa Azara). Fra le prime case di una certa importanza, a due piani, è quella che reca il nome dei Zicavo, in piazza XXIII Febbraio: per i maddalenini è il monumento di maggior rilievo, dopo la Casa di Garibaldi e la Parrocchiale.
Il maggiore generale di marina di Sua Maestà Sarda Giuseppe Zìcavo nacque nel 1778 a La Maddalena e morì nel 1844. Appartenne a questo cittadino illustre la casa sita “alla punta della Garitta”, della quale – come si apprende scorrendo il testamento dettato a Genova – egli  andava fiero. E’ tradizione che l’avesse costruita lo spedizioniere inglese mister Roberts. Comunque, è stata una delle prime case, costruite presso Cala Gavetta, che formarono il primo nucleo della cittadina: residenze marinare appartenenti ad addetti ai traffici marittimi.
Questa casa, carica d’anni, era diventata fatiscente, perché trascurata da coloro che succedettero nella proprietà. E’ stata felicemente ristrutturata (fine anni 1970) per essere destinata a sede del Banco di Sardegna: all’esterno, continua a comporre il contesto edilizio che si specchia nella vivace cala maddalenina. Essa è elemento importante del centro storico e gli isolani sono lieti di vederla vivere la seconda vita, quasi un monumento di vitalità, appunto”.