Correva l’anno 1848
La Maddalena conta 2.025 residenti; Censimento della popolazione del Regno di Sardegna. Dopo questa data la popolazione diminuirà e, per ritornare al di sopra dei 2.000 abitanti, bisognerà attendere il censimento del 1891.
4 gennaio
Un pregone del viceré De Launay pubblica in Sardegna il regio biglietto del 20 dicembre 1847 che sanziona la ‘‘fusione’’ fra l’isola e gli Stati sardi di terraferma.
14 febbraio
Manifestazioni popolari, iniziate dagli studenti, a Cagliari e Sassari si concludono con la cacciata dei Gesuiti dall’isola.
4 marzo
Il Parlamento del Regno di Sardegna fu istituito con lo Statuto emanato dal re Carlo Alberto. Era composto di due Camere: quella di nomina regia (Senato del Regno), vitalizia, non poteva sciogliersi; quella elettiva (la Camera dei deputati) era eletta su base censitaria e maschile, a collegio uninominale e a doppio turno di elezione. Secondo lo Statuto Albertino la proposizione delle leggi spettava al Re e a ciascuna delle due Camere (art. 10). Secondo quanto stabilito dal primo Regolamento della Camera del 1848 e dal successivo del 1863 i progetti di legge, promossi dai ministri, dal Governo, oltre che dal Re, passavano all’esame degli Uffici e alla successiva discussione in Commissione e in Aula; diversamente, per le iniziative parlamentari era prevista l’approvazione da parte di almeno due Uffici, prima di esserne data lettura, e la sottoscrizione di almeno cinque deputati (artt. 37 e ss.). Le proposizioni, per diventare legge, dovevano essere approvate nello stesso testo da entrambe le Camere, senza ordine di precedenza (ad eccezione delle leggi d’imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato che dovevano passare prima per la Camera dei deputati) e dovevano essere munite di sanzione regia. L’art. 9 dello Statuto prevedeva l’istituto della proroga delle sessioni. La prima seduta della Camera si tenne il giorno 8 maggio 1848 nella sede di Palazzo Carignano a Torino.
14 marzo
Manifestazioni popolari, iniziate dagli studenti, a Cagliari e Sassari si concludono con la cacciata dei Gesuiti dall’isola.
17 marzo
Moti a Sassari contro il carovita e la disoccupazione. Manifestazioni analoghe anche a Oristano e, in aprile, ad Alghero, quindi a Tempio e Nuoro.
24 marzo
Il Regno sardo dichiara guerra all’Austria.
4 aprile
Partono da Cagliari, fra grandi manifestazioni, i primi volontari per la guerra contro l’Austria: gli entusiasmi si spegneranno presto.
15 aprile
L’ormai quarantunenne GiuseppeGaribaldi lascia Montevideo a bordo del brigantino Speranza, accompagnato da un gruppo di legionari, alla volta di Nizza, sul richiamo dell’onda di entusiasmo e di ribellione che aveva pervaso l’Italia.
17 aprile
Prime elezioni al Parlamento subalpino, dove la Sardegna manda 24 deputati. La nuova legge elettorale piemontese diceva che poteva votare chi aveva superato 25 anni, in grado di leggere e scrivere gravato da una imposta diretta annua di almeno 40 lire. Fatti i conti aveva diritto circa il 2% della popolazione di sesso maschile, ma di norma votava soltanto la metà degli aventi diritto. Gli elettori iscritti sono meno di 6000. In quella particolare contingenza storica, la partecipazione alle elezioni appariva come il primo segno‘‘politico’’ di un coinvolgimento più largo nelle decisioni e nelle scelte dello Stato, e insieme come la prima possibilità di rappresentare con maggiore ascolto gli interessi dell’isola. Malgrado la difettosa formazione delle circoscrizioni elettorali, che obbligava a lunghi e inagevoli percorsi, la presenza alle urne fu notevole, superiore anche se di poco a quella dell’intero Regno (66,4 contro 65,5). Gli elettori sardi rappresentavano appena l’1,47%della popolazione dell’isola contro la media generale del Regno (1,7%). Avevano la facoltà di eleggere un deputato per ognuno dei 24 collegi in cui era stata divisa la Sardegna, ma per effetto delle elezioni multiple e delle successive opzioni gli eletti furono solo 17: Giovanni Siotto Pintor, consigliere d’appello, studioso di letteratura e fra i fautori della ‘‘fusione’’, risultò eletto in cinque collegi (Cagliari I, Iglesias I, Nuoro I e II, Tempio), Francesco Maria Serra e Domenico Fois lo furono in tre. La prima Camera subalpina comprendeva nell’insieme 90 avvocati, 15 magistrati, 10 docenti universitari di discipline giuridiche, 7 medici, 9 ingegneri, 5 ecclesiastici; per gli altri non si hanno indicazioni precise,ma in genere avevano un titolo nobiliare. La rappresentanza della Sardegna non rifletteva questa suddivisione: gli avvocati sono soltanto due, ma i magistrati sei, e ancora superiore è la percentuale del clero. In un periodo che comprende sette legislature sino al primo Parlamento italiano nel 1861, la presenza dei deputati sardi fu attiva e vivace e il loro peso nella lotta politica considerevole. In genere furono con l’opposizione e sedettero nei banchi della Sinistra i deputati Francesco Sulis, De Castro, Fois ,Ferracciu, Corbu, Scano, Tuveri, Asproni, Sanna Nino, Carta, Gavino Fara, Mari, Naytana, Mastio, Francesco Spano. Con la Destra e con le maggioranze di governo si schierarono Cugia, Delitala, Falqui Pes, Passino, Cossu, Tola, Mameli, Marongiu, Agostino Fara, Grixoni, Loi, Antonio Sotgiu, Margotti, Martini, il fratello del Cavour, Gustavo (eletto a Tempio), Caboni, Melis, Guirisi Puddu, Orru` Lilliu ecc. Vi è peraltro più di una difficoltà a definire gli schieramenti e a ricostruire la storia della rappresentanza sarda, sia perché in molti casi lo spartiacque fra Destra e Sinistra funzionava su fatti contingenti sia per i cambiamenti di schieramento che si ebbero in rapporto agli avvicendamenti governativi. Dopo la successione di Cavour a Rattazzi, il Siotto Pintor, che era stato all’opposizione fino a quel momento, passò a destra insieme ai conservatori, pur mantenendo una posizione uguale a quella della Sinistra sul delicato problema del clero e dell’abolizione dei privilegi ecclesiastici, in sintonia con uomini come l’Asproni, il Sulis e il De Castro, che sedevano a sinistra. D’altra parte, già sul finire della I legislatura era stato Gavino Angius, un sacerdote che sedeva sui banchi di destra, a sollevare il problema dell’abolizione delle decime. L’eco degli scontri politici fra i diversi schieramenti e le notizie dell’attività dei deputati sardi in Parlamento coinvolgevano gran parte delle popolazioni urbane e dei centri più grossi, soprattutto perché l’impegno dispiegato dalla parte più retriva del clero sardo nel contrastare l’operato del governo e le leggi anticlericali funzionava da cassa di risonanza del dibattito politico più di quanto non facessero libri e giornali. Solo nelle elezioni del 1857, nella generale contestazione della politica cavouriana nei confronti dell’isola, gli schieramenti politici divennero più definiti e durevoli nel tempo per la separazione del gruppo parlamentare sardo in due filoni ben distinti. Quelle elezioni segnarono in campo nazionale una inaspettata crescita della Destra, dovuta tanto alla reazione seguita alla spedizione del Pisacane e del Nicotera a Sapri e ai moti mazziniani di Genova, quanto al nuovo acuirsi dei rapporti con la Chiesa. Anche in Sardegna la Destra cattolica vedeva crescere la sua presenza, dopo una campagna elettorale spregiudicata e aggressiva che, a scrutinio concluso, portò anche alla contestazione dell’elezione di don Margotti nel collegio di Oristano e del canonico Marongiu a Sassari (l’Asproni fu invece eletto deputato nel collegio di Genova, divenuto – dopo la rivolta – centro di paragone fra conservatori, ministeriali e repubblicani democratici). Dei 24 eletti sardi del 1857 solo 3 erano certamente ministeriali; numericamente prevaleva lo schieramento di destra, ma erano a sinistra i personaggi più rappresentativi, animatori di tutte le battaglie in favore dell’isola. Mentre la Destra attingeva i suoi rappresentanti nella nobiltà, nella magistratura, nel clero e nell’esercito, la Sinistra li trovava nelle professioni liberali, soprattutto fra gli avvocati, secondo una tendenza che continuerà sino al periodo giolittiano. Nel Parlamento subalpino ebbero un ruolo significativo nel dibattito parlamentare soprattutto i deputati Siotto Pintor, Gavino Fara, Sulis, l’Asproni, animatore di tutte le battaglie democratiche e laiche, l’Angius, Pasquale Tola, Giovanni Antonio Sanna. Una vita parlamentare breve ebbe Giovanni Battista Tuveri, dal 1849 al 1855: di idee repubblicane e federaliste, esordì alla Camera con un discorso in cui chiedeva la messa in stato d’accusa del Gioberti, da poco dimessosi da presidente del Consiglio, implicato nel tentativo di restaurazione del Granduca in Toscana. Presidente del Senato, di nomina regia, fu per lungo tempo il barone Giuseppe Manno. Fra il 1848 e il 1860 il corpo elettorale passò da 8093 iscritti a 19.858, ma diminuì l’afflusso alle urne, pur senza notevoli differenze con le cifre e le variazioni generali del Regno.

22 aprile
Il Tricolore italiano sventola sul mare sul mare dal 1848. A tenerlo a battesimo furono due sardi: il maddalenino Giovan Battista Millelire, figlio di Agostino e nipote del glorioso Domenico e il cagliaritano Giorgio Mameli, padre del patriota Goffredo. Secondo alcune testimonianze la bandiera navale tricolore fu issata per la prima volta nel porto di Genova il 22 aprile 1848, ma le prime unità a portare in navigazione il vessillo verde, bianco e rosso furono quelle della prima divisione della Marina Sarda salpate da Genova alla volta di Venezia il 30 aprile successivo. La squadra, comandata dal contrammiraglio conte Giuseppe Albini, padre del maddalenino Giovan Battista, futuro ammiraglio e Medaglia d’Oro, anch’egli imbarcato agli ordini del genitore, era così composta:
– Fregata “San Michele”, da 50 cannoni, comandata da Giovan Battista Millelire;
– Fregata “Des Geneys”, da 44 cannoni, comandata da Giorgio Mameli;
– Fregata “Beroldo”, da 44 cannoni, comandata da Villarey;
– Brigantino “Daino”, da 12 cannoni, comandato da Carlo Pellion di Persano;
– Goletta “Staffetta” da 10 cannoni, comandata da Lenchantain.
Vedi anche: Il battesimo del tricolore
6 maggio
Nel 1847, il Parlamento sardo votò la “fusione perfetta” con le province continentali del Regno e, il 6 maggio 1848, l’isola entrò nel sistema doganale sabaudo che, già da alcuni anni, era ampiamente liberalizzato nei confronti dei commerci con la Francia napoleonica. Ciò consentì alla Sardegna, tramite i suoi porti, di esportare i prodotti sardi non solo a Genova, ma anche in Francia e nelle colonie africane francesi, oltre che a Napoli e a Malta. Contemporaneamente, crebbe l’interesse francese per i commerci con la nostra isola e il porto di Maddalena, come quello di Terranova (Olbia), di Porto Torres, di Santa Teresa – così vicina alla corsa Bonifacio – e, naturalmente, di Cagliari, ne furono i cuori pulsanti. Secondo Sara Cossu, autrice di “Storie di francesi nella Sardegna sabauda”, sarebbe sorta una grande area di scambio commerciale tra i porti francesi (Marsiglia, in particolare), Genova e quelli sardi, tra i quali, come detto, Terranova rivestiva un ruolo di primo piano. Molti furono i francesi che si stabilirono, anche definitivamente, nell’isola. Tra gli appartenenti alla colonia française di Terranova e dintorni, ricordiamo il conciatore Jean Prosper Marquez, nato nella pirenaica Millau, attivo a Tempio ma deceduto a Terranova (e sul suo atto di morte si riscontrano, come testimoni, il notabile terranovese Giovanni Maria Puzzu, deputato di sanità e concessionario dei diritti ancoraggio per il circondario di Olbia e il notaio Giovanni Belli Sirena). A Tempio è presente anche Cypsier Barton, sua moglie Marie Caroline Scolartique Lieutaud e il mercante Joseph Bertollo. Ma troviamo anche Joseph Biancarelli di Porto Vecchio, trasferitosi all’isola di Santa Maria e il mercante “maddalenino” Antoine Tarlavuli. A Longonsardo, inoltre, si erano trasferiti i corsi di Sartene Pierre Jean Pieri (definito come “proprietario”) e i fratelli Antoine e Jacques Vincentelli. Cosa attirava i francesi in Gallura? Lo sfruttamento delle saline. Nel 1852, infatti, fu costituita a Genova la Compagnia delle Saline di Sardegna, a prevalente capitale francese che ebbe accesso riservato alla concessione del prodotto olbiese e, in generale, di tutta l’isola. La produzione delle saline, in Sardegna, crebbe in maniera esponenziale: tra il 1849 e il 1858, aumentò di 372 volte. A tutela degli interessi francesi e come riferimento per i sudditi transalpini, nei punti nevralgici dell’isola furono istituiti una serie di “viceconsolati” (il console aveva sede a Cagliari). Anche Terranova ebbe, per un periodo, il vice console francese, di nazionalità sarda ma scelto in base a criteri ben precisi.
Il primo vince console, infatti – nominato in data imprecisata – fu Giovanni Belli-Sirena, notaio di fiducia dei fratelli Pietro, Leonardo e Giovanni Maria Puzzu, nonché imparentato con essi, avendo sposato la loro nipote Laura. I tre fratelli Puzzu – avevano preceduto la Compagnia delle Saline nella concessione governativa, a partire dal 1812. Già nel 1819, in una lettera spedita al Congresso della Prefettura di Sassari (Archivio di Stato di Cagliari, Segr. di Stato, II serie, vol. 791, doc. sciolti) datata 6 settembre 1819, Leonardo Puzzu viene definito “servo del viceconsole di Francia” (non quello di Terranova, che non era stato ancora nominato); nella lettera si vuole indicare che già allora il Puzzu faceva gli interessi della Francia. Giovanni Maria Puzzu, come detto, era concessionario dei diritti ancoraggio di tutto il circondario di Olbia.
La nomina del Belli-Sirena fu revocata nel 1852, per motivi a noi sconosciuti. Il suo successore, però, possedeva i medesimi requisiti, agli occhi dei francesi, del vice console uscente. Si trattava, infatti di Giuseppe Bardanzellu, figlio della Guardia Reale di Sardegna Antonio Bardanzellu, cioè del concessionario che, tra il 1796 e il 1812 (anno della sua morte), aveva preceduto i Puzzu nello sfruttamento delle saline.
Giuseppe Bardanzellu era anche consuocero di Pietro Puzzu, in quanto sua figlia Anastasia Maria, aveva sposato (rimanendone vedova intorno al 1850) Tomaso Michele Puzzu figlio di Pietro. Il legame del nuovo vice console con lo sfruttamento delle saline era talmente importante, per i francesi, da mettere in secondo piano la sua età: 63 anni, che erano davvero tanti per un agente consolare che doveva viaggiare, soccorrere imbarcazioni alla deriva che urtavano gli scogli delle Bocche, sfidando intemperie e altri guai.
Indipendentemente dalle vicende di Terranova e dello sfruttamento delle sue saline, a partire dagli anni cinquanta del XIX secolo, dall’avvento di Cavour al governo piemontese, sino alla caduta di Napoleone III (1870) l’area di libero scambio sardo-franco-genovese ebbe sicuramente per conseguenza un incremento dei commerci e della produzione locale (del PIL, come si direbbe oggi), ed è strano che solo una parte della storiografia lo abbia evidenziato.
Il trend positivo dell’economia sarda non sembra aver avuto una battuta di arresto nemmeno per la terribile epidemia di colera del 1855, tra l’altro diffusa – molto probabilmente – dalle navi che battevano i porti del Mediterraneo. Tutto ciò, fino alla “guerra delle tariffe”, imposta da Francesco Crispi nel 1881, in ritorsione per l’ingresso dei francesi in Tunisia e che comportò un declino del commercio marittimo sardo e la fine degli scambi con la Francia.
7 maggio
Il decreto luogotenenziale n. 319 estende alla Sardegna la coscrizione obbligatoria.
28 maggio
Viene innalzata nel resto della Sardegna la bandiera tricolore, anche se la “fusione” non è stata ancora formalmente attuata.
1 ottobre
Effetti della ‘‘fusione’’: vengono soppresse la carica di viceré e la R. Segreteria di Stato e Guerra.
7 ottobre
La Sardegna è divisa in 11 province, raggruppate in 3 divisioni (Cagliari, Sassari e Nuoro).
31 dicembre
Il censimento in Sardegna, registra una popolazione di 574.102 abitanti nell’isola (il tasso di analfabetismo è del 97,7%).