CronologiaMilleottocento

Correva l’anno 1848

La Maddalena conta 2.025 residenti; Censimento della popolazione del Regno di Sardegna. Dopo questa data la popolazione diminuirà e, per ritornare al di sopra dei 2.000 abitanti, bisognerà attendere il censimento del 1891.

Le due zone della città di Bonifacio (militare e civile) vengono divise da un muro di 250 metri che attraversa il promontorio: questa barriera sarà abbattuta solo nel 1984.

Santo Serra è sindaco di La Maddalena. Si conosce una pianta del paese riferita a questa data, frutto di uno studio molto attendibile del centro storico effettuato, quasi, casa per casa. La popolazione ammonta a 2025 abitanti.

4 gennaio

Un pregone del viceré De Launay pubblica in Sardegna il regio biglietto del 20 dicembre 1847 che sanziona la ‘‘fusione’’ fra l’isola e gli Stati sardi di terraferma.

14 febbraio

Manifestazioni popolari, iniziate dagli studenti, a Cagliari e Sassari si concludono con la cacciata dei Gesuiti dall’isola.

4 marzo

Il Parlamento del Regno di Sardegna fu istituito con lo Statuto emanato dal re Carlo Alberto. Era composto di due Camere: quella di nomina regia (Senato del Regno), vitalizia, non poteva sciogliersi; quella elettiva (la Camera dei deputati) era eletta su base censitaria e maschile, a collegio uninominale e a doppio turno di elezione. Secondo lo Statuto Albertino la proposizione delle leggi spettava al Re e a ciascuna delle due Camere (art. 10). Secondo quanto stabilito dal primo Regolamento della Camera del 1848 e dal successivo del 1863 i progetti di legge, promossi dai ministri, dal Governo, oltre che dal Re, passavano all’esame degli Uffici e alla successiva discussione in Commissione e in Aula; diversamente, per le iniziative parlamentari era prevista l’approvazione da parte di almeno due Uffici, prima di esserne data lettura, e la sottoscrizione di almeno cinque deputati (artt. 37 e ss.). Le proposizioni, per diventare legge, dovevano essere approvate nello stesso testo da entrambe le Camere, senza ordine di precedenza (ad eccezione delle leggi d’imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato che dovevano passare prima per la Camera dei deputati) e dovevano essere munite di sanzione regia. L’art. 9 dello Statuto prevedeva l’istituto della proroga delle sessioni. La prima seduta della Camera si tenne il giorno 8 maggio 1848 nella sede di Palazzo Carignano a Torino.

Disordini per la formazione della Milizia nazionale (legge 4 marzo 1848): il Consiglio comunale chiede l’esonero per i maddalenini in quanto in gran parte già al servizio della Regia Marina o assenti per commerci marittimi.

Allo scoppio della Prima guerra d’indipendenza, alcuni giovani residenti partono per arruolarsi come volontari nelle formazioni garibaldine o nell’esercito regolare: fra questi Niccolò Susini e l’inglese Edward West.

Da questo momento è la Giunta municipale, non più il Consiglio, ad assumere la responsabilità di dare le concessioni di terreno per costruire abitazioni a chi risiede da almeno sei mesi nel comune. Il paese di Santa Teresa entra a far parte della divisione amministrativa di Sassari. Dal censimento quadriennale si ricava che gli abitanti sono 1251 contro gli 8975 di Tempio e i 2025 di La Maddalena. Questi dati divergono da quelli raccolti in una scheda riassuntiva sulla Scuola normale: alla Maddalena ci sarebbero 1758 abitanti, a Santa Teresa 616: la differenza si spiegherebbe con il mancato conteggio della popolazione delle campagne. Secondo la scheda gli alunni alla Maddalena sarebbero 119 sotto l’insegnamento del sacerdote Francesco Bidali; per Santa Teresa manca il numero degli alunni: il maestro è il reverendo Francesco Angelo Vigiani.

14 marzo

Manifestazioni popolari, iniziate dagli studenti, a Cagliari e Sassari si concludono con la cacciata dei Gesuiti dall’isola.

17 marzo

Moti a Sassari contro il carovita e la disoccupazione. Manifestazioni analoghe anche a Oristano e, in aprile, ad Alghero, quindi a Tempio e Nuoro.

24 marzo

Il Regno sardo dichiara guerra all’Austria.

4 aprile

Partono da Cagliari, fra grandi manifestazioni, i primi volontari per la guerra contro l’Austria: gli entusiasmi si spegneranno presto.

14 aprile

Carlo Alberto decreta l’esposizione della bandiera tricolore non solo sugli edifici pubblici, ma anche sulle imbarcazioni mercantili.

14 aprile

Mentre Garibaldi salpava assieme ad altri 63 volontari dal porto di Montevideo per unirsi alla prima guerra d’indipendenza, Antonio Susini Millelire lasciò il comando del Legionario e assunse la guida della legione italiana. Mantenne l’incarico fino all’ottobre del 1851, coadiuvando le autorità locali quale membro della giunta militare per il controllo della città e comandando i combattenti italiani in diverse azioni di guerriglia urbana contro le truppe assedianti. Contemporaneamente si trovò a gestire l’arrivo di una nuova ondata di 173 fuoriusciti provenienti dalla penisola – inizialmente inquadrati nella Compagnia dei lombardi –, responsabili di alcuni episodi di disordine e di insubordinazione.

15 aprile

L’ormai quarantunenne Giuseppe Garibaldi lascia Montevideo a bordo del brigantino Speranza, accompagnato da un gruppo di legionari, alla volta di Nizza, sul richiamo dell’onda di entusiasmo e di ribellione che aveva pervaso l’Italia.

17 aprile

Prime elezioni al Parlamento subalpino, dove la Sardegna manda 24 deputati. La nuova legge elettorale piemontese diceva che poteva votare chi aveva superato 25 anni, in grado di leggere e scrivere gravato da una imposta diretta annua di almeno 40 lire. Fatti i conti aveva diritto circa il 2% della popolazione di sesso maschile, ma di norma votava soltanto la metà degli aventi diritto. Gli elettori iscritti sono meno di 6000. In quella particolare contingenza storica, la partecipazione alle elezioni appariva come il primo “segno politicò’’ di un coinvolgimento più largo nelle decisioni e nelle scelte dello Stato, e insieme come la prima possibilità di rappresentare con maggiore ascolto gli interessi dell’isola. Malgrado la difettosa formazione delle circoscrizioni elettorali, che obbligava a lunghi e inagevoli percorsi, la presenza alle urne fu notevole, superiore anche se di poco a quella dell’intero Regno (66,4 contro 65,5). Gli elettori sardi rappresentavano appena l’1,47%della popolazione dell’isola contro la media generale del Regno (1,7%). Avevano la facoltà di eleggere un deputato per ognuno dei 24 collegi in cui era stata divisa la Sardegna, ma per effetto delle elezioni multiple e delle successive opzioni gli eletti furono solo 17: Giovanni Siotto Pintor, consigliere d’appello, studioso di letteratura e fra i fautori della ‘‘fusione’’, risultò eletto in cinque collegi (Cagliari I, Iglesias I, Nuoro I e II, Tempio), Francesco Maria Serra e Domenico Fois lo furono in tre. La prima Camera subalpina comprendeva nell’insieme 90 avvocati, 15 magistrati, 10 docenti universitari di discipline giuridiche, 7 medici, 9 ingegneri, 5 ecclesiastici; per gli altri non si hanno indicazioni precise, ma in genere avevano un titolo nobiliare. La rappresentanza della Sardegna non rifletteva questa suddivisione: gli avvocati sono soltanto due, ma i magistrati sei, e ancora superiore è la percentuale del clero. In un periodo che comprende sette legislature sino al primo Parlamento italiano nel 1861, la presenza dei deputati sardi fu attiva e vivace e il loro peso nella lotta politica considerevole. In genere furono con l’opposizione e sedettero nei banchi della Sinistra i deputati Francesco Sulis, De Castro, Fois ,Ferracciu, Corbu, Scano, Tuveri, Asproni, Sanna Nino, Carta, Gavino Fara, Mari, Naytana, Mastio, Francesco Spano. Con la Destra e con le maggioranze di governo si schierarono Cugia, Delitala, Falqui Pes, Passino, Cossu, Tola, Mameli, Marongiu, Agostino Fara, Grixoni, Loi, Antonio Sotgiu, Margotti, Martini, il fratello del Cavour, Gustavo (eletto a Tempio), Caboni, Melis, Guirisi Puddu, Orru` Lilliu ecc. Vi è peraltro più di una difficoltà a definire gli schieramenti e a ricostruire la storia della rappresentanza sarda, sia perché in molti casi lo spartiacque fra Destra e Sinistra funzionava su fatti contingenti sia per i cambiamenti di schieramento che si ebbero in rapporto agli avvicendamenti governativi. Dopo la successione di Cavour a Rattazzi, il Siotto Pintor, che era stato all’opposizione fino a quel momento, passò a destra insieme ai conservatori, pur mantenendo una posizione uguale a quella della Sinistra sul delicato problema del clero e dell’abolizione dei privilegi ecclesiastici, in sintonia con uomini come l’Asproni, il Sulis e il De Castro, che sedevano a sinistra. D’altra parte, già sul finire della I legislatura era stato Gavino Angius, un sacerdote che sedeva sui banchi di destra, a sollevare il problema dell’abolizione delle decime. L’eco degli scontri politici fra i diversi schieramenti e le notizie dell’attività dei deputati sardi in Parlamento coinvolgevano gran parte delle popolazioni urbane e dei centri più grossi, soprattutto perché l’impegno dispiegato dalla parte più retriva del clero sardo nel contrastare l’operato del governo e le leggi anticlericali funzionava da cassa di risonanza del dibattito politico più di quanto non facessero libri e giornali. Solo nelle elezioni del 1857, nella generale contestazione della politica cavouriana nei confronti dell’isola, gli schieramenti politici divennero più definiti e durevoli nel tempo per la separazione del gruppo parlamentare sardo in due filoni ben distinti. Quelle elezioni segnarono in campo nazionale una inaspettata crescita della Destra, dovuta tanto alla reazione seguita alla spedizione del Pisacane e del Nicotera a Sapri e ai moti mazziniani di Genova, quanto al nuovo acuirsi dei rapporti con la Chiesa. Anche in Sardegna la Destra cattolica vedeva crescere la sua presenza, dopo una campagna elettorale spregiudicata e aggressiva che, a scrutinio concluso, portò anche alla contestazione dell’elezione di don Margotti nel collegio di Oristano e del canonico Marongiu a Sassari (l’Asproni fu invece eletto deputato nel collegio di Genova, divenuto – dopo la rivolta – centro di paragone fra conservatori, ministeriali e repubblicani democratici). Dei 24 eletti sardi del 1857 solo 3 erano certamente ministeriali; numericamente prevaleva lo schieramento di destra, ma erano a sinistra i personaggi più rappresentativi, animatori di tutte le battaglie in favore dell’isola. Mentre la Destra attingeva i suoi rappresentanti nella nobiltà, nella magistratura, nel clero e nell’esercito, la Sinistra li trovava nelle professioni liberali, soprattutto fra gli avvocati, secondo una tendenza che continuerà sino al periodo giolittiano. Nel Parlamento subalpino ebbero un ruolo significativo nel dibattito parlamentare soprattutto i deputati Siotto Pintor, Gavino Fara, Sulis, l’Asproni, animatore di tutte le battaglie democratiche e laiche, l’Angius, Pasquale Tola, Giovanni Antonio Sanna. Una vita parlamentare breve ebbe Giovanni Battista Tuveri, dal 1849 al 1855: di idee repubblicane e federaliste, esordì alla Camera con un discorso in cui chiedeva la messa in stato d’accusa del Gioberti, da poco dimessosi da presidente del Consiglio, implicato nel tentativo di restaurazione del Granduca in Toscana. Presidente del Senato, di nomina regia, fu per lungo tempo il barone Giuseppe Manno. Fra il 1848 e il 1860 il corpo elettorale passò da 8093 iscritti a 19.858, ma diminuì l’afflusso alle urne, pur senza notevoli differenze con le cifre e le variazioni generali del Regno.

G.B. Millelire

22 aprile

Il Tricolore italiano sventola sul mare sul mare dal 1848. A tenerlo a battesimo furono due sardi: il maddalenino Giovan Battista Millelire, figlio di Agostino e nipote del glorioso Domenico e il cagliaritano Giorgio Mameli, padre del patriota Goffredo. Secondo alcune testimonianze la bandiera navale tricolore fu issata per la prima volta nel porto di Genova il 22 aprile 1848, ma le prime unità a portare in navigazione il vessillo verde, bianco e rosso furono quelle della prima divisione della Marina Sarda salpate da Genova alla volta di Venezia il 30 aprile successivo. La squadra, comandata dal contrammiraglio conte Giuseppe Albini, padre del maddalenino Giovan Battista, futuro ammiraglio e Medaglia d’Oro, anch’egli imbarcato agli ordini del genitore, era così composta:
– Fregata “San Michele”, da 50 cannoni, comandata da Giovan Battista Millelire;
– Fregata “Des Geneys”, da 44 cannoni, comandata da Giorgio Mameli;
– Fregata “Beroldo”, da 44 cannoni, comandata da Villarey;
– Brigantino “Daino”, da 12 cannoni, comandato da Carlo Pellion di Persano;
– Goletta “Staffetta” da 10 cannoni, comandata da Lenchantain.
Vedi anche: Il battesimo del tricolore

26 aprile

La Fregata a vela San Michele (1841-1869), nave ammiraglia della Flotta Sarda. Partì il 26 aprile 1848 al comando del C.F. G.B. Millelire, inviata ad operare in Adriatico e in quella occasione issò per la prima volta il tricolore. Ancorò il 23 maggio al largo di Venezia nella laguna di Sacco di Piave e rimase dal 7 giugno al 14 agosto davanti a Trieste per il blocco del porto. Il 22 dicembre rientrò ad Ancona ove rimase inattiva sino all’aprile 1849. Il 7 aprile tornò in rada a Venezia per imbarcare le truppe sarde che lasciavano la Lombardia dopo la sconfitta di Novara. Il 9 aprile l’equipaggio si ammutinò, ma l’energico intervento del comandante riportò l’ordine a bordo e la nave fece ritorno a Genova il 5 maggio 1849.

6 maggio

Nel 1847, il Parlamento sardo votò la “fusione perfetta” con le province continentali del Regno e, il 6 maggio 1848, l’isola entrò nel sistema doganale sabaudo che, già da alcuni anni, era ampiamente liberalizzato nei confronti dei commerci con la Francia napoleonica. Ciò consentì alla Sardegna, tramite i suoi porti, di esportare i prodotti sardi non solo a Genova, ma anche in Francia e nelle colonie africane francesi, oltre che a Napoli e a Malta. Contemporaneamente, crebbe l’interesse francese per i commerci con la nostra isola e il porto di Maddalena, come quello di Terranova (Olbia), di Porto Torres, di Santa Teresa – così vicina alla corsa Bonifacio – e, naturalmente, di Cagliari, ne furono i cuori pulsanti. Secondo Sara Cossu, autrice di “Storie di francesi nella Sardegna sabauda”, sarebbe sorta una grande area di scambio commerciale tra i porti francesi (Marsiglia, in particolare), Genova e quelli sardi, tra i quali, come detto, Terranova rivestiva un ruolo di primo piano. Molti furono i francesi che si stabilirono, anche definitivamente, nell’isola. Tra gli appartenenti alla colonia française di Terranova e dintorni, ricordiamo il conciatore Jean Prosper Marquez, nato nella pirenaica Millau, attivo a Tempio ma deceduto a Terranova (e sul suo atto di morte si riscontrano, come testimoni, il notabile terranovese Giovanni Maria Puzzu, deputato di sanità e concessionario dei diritti ancoraggio per il circondario di Olbia e il notaio Giovanni Belli Sirena). A Tempio è presente anche Cypsier Barton, sua moglie Marie Caroline Scolartique Lieutaud e il mercante Joseph Bertollo. Ma troviamo anche Joseph Biancarelli di Porto Vecchio, trasferitosi all’isola di Santa Maria e il mercante “maddalenino” Antoine Tarlavuli. A Longonsardo, inoltre, si erano trasferiti i corsi di Sartene Pierre Jean Pieri (definito come “proprietario”) e i fratelli Antoine e Jacques Vincentelli. Cosa attirava i francesi in Gallura? Lo sfruttamento delle saline. Nel 1852, infatti, fu costituita a Genova la Compagnia delle Saline di Sardegna, a prevalente capitale francese che ebbe accesso riservato alla concessione del prodotto olbiese e, in generale, di tutta l’isola. La produzione delle saline, in Sardegna, crebbe in maniera esponenziale: tra il 1849 e il 1858, aumentò di 372 volte. A tutela degli interessi francesi e come riferimento per i sudditi transalpini, nei punti nevralgici dell’isola furono istituiti una serie di “viceconsolati” (il console aveva sede a Cagliari). Anche Terranova ebbe, per un periodo, il vice console francese, di nazionalità sarda ma scelto in base a criteri ben precisi.
Il primo vince console, infatti – nominato in data imprecisata – fu Giovanni Belli-Sirena, notaio di fiducia dei fratelli Pietro, Leonardo e Giovanni Maria Puzzu, nonché imparentato con essi, avendo sposato la loro nipote Laura. I tre fratelli Puzzu – avevano preceduto la Compagnia delle Saline nella concessione governativa, a partire dal 1812. Già nel 1819, in una lettera spedita al Congresso della Prefettura di Sassari (Archivio di Stato di Cagliari, Segr. di Stato, II serie, vol. 791, doc. sciolti) datata 6 settembre 1819, Leonardo Puzzu viene definito “servo del viceconsole di Francia” (non quello di Terranova, che non era stato ancora nominato); nella lettera si vuole indicare che già allora il Puzzu faceva gli interessi della Francia. Giovanni Maria Puzzu, come detto, era concessionario dei diritti ancoraggio di tutto il circondario di Olbia.
La nomina del Belli-Sirena fu revocata nel 1852, per motivi a noi sconosciuti. Il suo successore, però, possedeva i medesimi requisiti, agli occhi dei francesi, del vice console uscente. Si trattava, infatti di Giuseppe Bardanzellu, figlio della Guardia Reale di Sardegna Antonio Bardanzellu, cioè del concessionario che, tra il 1796 e il 1812 (anno della sua morte), aveva preceduto i Puzzu nello sfruttamento delle saline.
Giuseppe Bardanzellu era anche consuocero di Pietro Puzzu, in quanto sua figlia Anastasia Maria, aveva sposato (rimanendone vedova intorno al 1850) Tomaso Michele Puzzu figlio di Pietro. Il legame del nuovo vice console con lo sfruttamento delle saline era talmente importante, per i francesi, da mettere in secondo piano la sua età: 63 anni, che erano davvero tanti per un agente consolare che doveva viaggiare, soccorrere imbarcazioni alla deriva che urtavano gli scogli delle Bocche, sfidando intemperie e altri guai.
Indipendentemente dalle vicende di Terranova e dello sfruttamento delle sue saline, a partire dagli anni cinquanta del XIX secolo, dall’avvento di Cavour al governo piemontese, sino alla caduta di Napoleone III (1870) l’area di libero scambio sardo-franco-genovese ebbe sicuramente per conseguenza un incremento dei commerci e della produzione locale (del PIL, come si direbbe oggi), ed è strano che solo una parte della storiografia lo abbia evidenziato.
Il trend positivo dell’economia sarda non sembra aver avuto una battuta di arresto nemmeno per la terribile epidemia di colera del 1855, tra l’altro diffusa – molto probabilmente – dalle navi che battevano i porti del Mediterraneo. Tutto ciò, fino alla “guerra delle tariffe”, imposta da Francesco Crispi nel 1881, in ritorsione per l’ingresso dei francesi in Tunisia e che comportò un declino del commercio marittimo sardo e la fine degli scambi con la Francia.

7 maggio

Il decreto luogotenenziale n. 319 estende alla Sardegna la coscrizione obbligatoria.

28 maggio

Viene innalzata nel resto della Sardegna la bandiera tricolore, anche se la “fusione” non è stata ancora formalmente attuata.

2 settembre

Appreso dello sbarco di Garibaldi sulla penisola, Niccolò Susini Millelire, fratello minore di Antonio, si era messo in viaggio verso Genova per raggiungere i volontari della legione italiana. Lì rimase solo tre giorni, prima di partire alla volta di Milano e arruolarsi come soldato semplice di cavalleria. All’indomani della sconfitta di Custoza dovette unirsi alla fortunosa ritirata verso Milano e il 14 agosto si trovò coinvolto nella battaglia di Luino, al comando della formazione degli studenti di Pavia. Da lì, travestito da contadino, ripiegò in direzione della Svizzera. Arrivato a Lugano il 2 settembre, rimase ricoverato a causa di una ferita alla spalla per quasi venti giorni, prima di rifugiarsi a Genova.

1 ottobre

Effetti della ‘‘fusione’’: vengono soppresse la carica di viceré e la R. Segreteria di Stato e Guerra.

7 ottobre

La Sardegna è divisa in 11 province, raggruppate in 3 divisioni (Cagliari, Sassari e Nuoro).

28 ottobre

Poco dopo che Leopoldo II aveva conferito l’incarico di governo al democratico Giuseppe Montanelli, Niccolò Susini Millelire – assieme ad altri 200 volontari – seguì Garibaldi alla volta di Livorno. In cerca di una nuova occupazione in armi, fu presto raggiunto dalla notizia della fuga di papa Pio IX a Gaeta. Ricevuto l’ordine di formare una legione, iniziò una lunga marcia verso Roma, attraversando i comuni di Tolentino, Macerata, Foligno e Rieti. Con i compiti di istruire e addestrare un corpo della guardia nazionale, trascorse l’intero marzo del 1849 a Rivo dell’Utri, negli Abruzzi. Ad aprile, con un drappello di circa 400 uomini, si spostò nell’area di Anagni, al confine con il Regno delle Due Sicilie, dove si stavano concentrando le truppe borboniche. Il 24 aprile, poi, raggiunse Roma partecipando alla difesa della Repubblica contro le armate del generale Nicolas Oudinot. Firmata la resa con l’esercito francese, la legione italiana fu disciolta e quasi tutti i volontari si dispersero. Niccolò trovò riparo a La Maddalena, dove suo zio – Nicolò Susini Ornano – lo propose, nel novembre del 1849, come ministro saltuario del mandamento. Solo poche settimane prima, proprio nella sua città natale, era sbarcato Garibaldi, accolto dal padre Francesco e dall’altro fratello Pietro. Quest’ultimo, che strinse una lunga amicizia con il generale nizzardo, intercedette in suo favore nell’acquisto dei terreni di Caprera e lo aiutò, nell’ottobre del 1867, a fuggire dall’isola in vista del tentativo di invasione dello Stato pontificio. Nel 1853, dopo l’apertura del tronco ferroviario che collegava Torino a Genova, Niccolò venne assunto nelle Strade ferrate come bigliettaio di seconda classe e si trasferì nel capoluogo ligure. Ricoprì questo incarico per due anni, prima di venire promosso a capostazione delle Regie Strade ferrate. Nel maggio del 1855, si impegnò in favore della popolazione civile colpita da un’epidemia di colera scoppiata in città, ricevendo dall’intendente generale la «menzione onorevole» per i servizi prestati. Alla fine della Guerra Grande, il fratello maggiore Antonio era rimasto per altri cinque anni nella capitale uruguayana. Su mandato del ministro della Guerra, condusse le operazioni della commissione incaricata dei lavori di fortificazione della capitale. Nel novembre del 1856 fu chiamato dal governo di Buenos Aires a dirigere la Legión agrícola militar in sostituzione dell’esule Silvino Olivieri, assassinato durante un ammutinamento. Fondata per occupare l’area di Bahía Blanca, la legione aveva il compito di liquidare la resistenza delle popolazioni indigene e fondare la colonia di Nueva Roma. Il nuovo corpo, ristrutturato in reparti di artiglieria, cavalleria e fanteria, abbandonò il carattere colonizzatore e si concentrò sulle operazioni militari contro gli indios. In seguito, fu integrato nell’Esercito del Sud e impiegato nella guerra di frontiera. Antonio assunse quindi il grado di capo di stato maggiore e, per circa tre anni, coordinò la missione nella Pampa orientale. Infine, tra il gennaio e il febbraio del 1858, agli ordini del generale Wenceslao Paunero partecipò alla spedizione conclusiva verso le Salinas Grandes e alla battaglia finale di Pigüe, sconfiggendo le forze del cacique Juan Calfucurá. Per meriti sul campo, fu elevato a luogotenente colonnello. Nel frattempo, era ricominciata la guerra civile tra la Confederazione argentina e lo Stato di Buenos Aires. Al fine di piegare la resistenza del generale José Justo de Urquiza, il ministro della Guerra Bartolomé Mitre dalla capitale aveva pianificato l’avvio di una campagna contro insurrezionale verso la provincia nemica di Santa Fe. Il governatore Valentín Alsina dispose dunque il rientro dei legionari da arruolare nel corpo spedizionario.

31 dicembre

Il censimento in Sardegna, registra una popolazione di 574.102 abitanti nell’isola (il tasso di analfabetismo è del 97,7%).