Correva l’anno 1891
A fine ‘800 la modifica degli equilibri tra gli stati europei portò il Regno d’Italia a deliberare per un nuovo impiego e un massiccio rinforzo della base di La Maddalena (1888). Il nuovo investimento della Marina sull’arcipelago portò ad un’enorme crescita di questo in termini economici e demografici: nel 1881 si contavano 1.881 abitanti, nel 1901 8.361 e nel 1911 ben 10.184[vi]. Rispetto alla situazione generale di depressione dell’economia sarda di quegli anni La Maddalena rappresentava una delle poche aree in crescita dell’intera regione. Nel 1891 fu avviata la costruzione dell’Arsenale Militare Marittimo (ultimato ed attivato nel 1910), elemento economico-sociale attorno al quale ruoterà la storia futura dell’isola.
Di importanza fondamentale per la comunità fu l’apertura dell’Arsenale, che divenne una straordinaria fonte occupazionale e diede impulso alla nascita della ‘frazione’ Moneta (‘Cantiere’). Vide impiegati fino al 1910 numerosi forzati accanto ai civili. A seguito dell’arrivo dei primi operai specializzati vennero costruite le “Case operaie” nel quartiere Vaticano e, in pochi anni, la frazione si espanse, costituendo, per molto tempo, una comunità a se stante rispetto a quella maddalenina, ma con la stessa divisione interna tra zona militare e zona civile.
L’isola, con una popolazione salita a 6.798 abitanti, (sul totale 2.150 sono militari e detenuti addetti ai lavori.) vede costruire il primo collegamento stabile tra La Maddalena e Caprera e iniziare l’attività dell’Arsenale Militare e Officina Mista Lavori grazie all’arrivo di venticinque operai specializzati provenienti soprattutto dall’arsenale di La Spezia e alcuni da quello di Taranto. La struttura organizzativa era suddivisa in due officine principali: Costruzione Artiglieria. L’attività prese pieno ritmo nel 1896 con interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria oltre alle ricorrenti operazioni di carattere più minuto. All’interno delle officine le necessità pratiche del lavoro si dovevano misurare spesso con le difficoltà burocratiche che allentavano l’arrivo di nuovi macchinari o dei materiali necessari, per cui i lavori talvolta non venivano portati a termine e ci si doveva arrangiare con i pochi mezzi a disposizione. L’esperienza e l’ingegno dei capi operai consentì d superare queste difficoltà e di formare una classe di operai specializzati, con un alto grado di competenza, capaci di risolvere, anche con l’inventiva, situazioni di emergenza e di fare fronte alle carenze strutturali. Dal 1895 si avvertì la necessità di allestire una scuola allievi operai in cantiere, tuttavia si dovette aspettare il 1941 perché venisse istituito, sollecitato dalle necessità della guerra, il primo corso scolastico triennale. La scuola venne ospitata all’interno dell’arsenale e disponeva di un aula, uno spogliatoio e dei locali per i servizi igienici; i ragazzi erano impegnati la mattina nelle lezioni teoriche e durante il pomeriggio nell’apprendistato nelle officine. Il Genio Militare realizzò le prime case operaie a levante, a ridosso della Punta Moneta, consistenti in due blocchi composti da 12 alloggi in linea ad un piano, uno per gli scapoli e uno per famiglie, il cosiddetto “Vaticano”. Fra il 1894 e il 1896 per rispondere alla richiesta di alloggi vennero trasformati in alloggi numerosi magazzini e depositi e si costruì, lungo il muro di cinta a nord del cantiere, una serie di case in linea. Le case disposte su di una fila erano caratterizzate da una facciata comune, quelle esposte al centro risultavano le meno igieniche avendo le aperture di due sole pareti opposte; le due case poste all’estremità si trovavano invece in condizioni migliori. Si trattava di un tipo di case popolari molto economico preferito all’epoca da molti industriali e da molte società. al centro, tra le due schiere di case, si estendeva un ampio piazzale occupato al centro dal lavatoio pubblico e dal forno comunitario; in quest’area, nel 1935, vennero costruiti due grandi palazzi muniti di rifugio antiaereo e decorati con un grande fascio littorio sulla facciata. Il villaggio operaio di Moneta rientra tra gli esempi di insediamento a carattere industriale che nella seconda metà del XIX secolo vennero costruiti in diverse località. Nella fase tardo ottocentesca prevalse il modello del “quartiere villaggio” estensivo completo di tutti gli organismi assistenziali e collettivi. Attraverso la loro realizzazione, secondo le utopie del primo Ottocento, si sperava di rispondere alle esigenze della classe operaia e alle drammatiche condizioni abitative. Per l’intervento di alcuni imprenditori questi modelli di sviluppo urbanistico e sociale vennero concretamente realizzati per garantire all’industria una organizzazione più azionale, vantaggiosa e produttiva. La creazione di comunità essenzialmente chiuse e autosufficienti, lontano dalla città consentiva di stabilire un legame assai stretto tra l’operaio ed il ciclo di produzione della fabbrica. Sul piano dell’organizzazione e dell’assistenza gli imprenditori industriali più illuminati e le società più avanzate provvedevano all’organizzazione dei lavoratori, attraverso un atteggiamento paternalistico e filantropico che garantiva uno sfruttamento più scientifico del lavoro e preveniva il pericolo di proteste che avrebbero potuto rallentare il ciclo produttivo. Non veniva trascurata alcuna forma di intervento a favore dei lavoratori, la casa, la scuola, l’assistenza sanitaria e alla maternità, la tutela pensionistica, l’addestramento e la scolarizzazione delle maestranze attraverso corsi serali di alfabetizzazione, cicli di colonie marine e montane e, per quanto riguarda i servizi, la creazione di unioni operaie di consumo, che vendevano generi alimentari a prezzi calmierati, mentre nel tempo libero si frequentavano le scuole serali di canto e ginnastica, si organizzavano spettacoli di teatro popolare e la banda musicale. A Moneta si è tentato di risolvere separatamente i singoli problemi e di rimediare ai singoli inconvenienti senza tener conto delle loro connessioni e senza una visione globale del nuovo organismo cittadino; si è puntato a realizzare una città ma ci si è fermati alla dimensione del quartiere. Le abitazioni si presentano allineate come le monotone case bye-laws inglesi, non c’è ricerca di una estetica urbana o architettonica, l’esperienza si esaurisce nella forma chiusa del monoblocco in serie composto di case a schiera mono familiari a un piano, l’unico modulo che definisce funzionalmente lo sviluppo planimetrico e spaziale dell’insediamento. Il resto degli edifici distribuiti all’interno del perimetro militare costituiscono la dotazione dei servizi principali, il Panificio o Gruppo Centro, l’Ospedale Militare con il villino liberty per l’alloggio del direttore e la chiesa militare, le caserme ed il campo sportivo. Oltre gli alloggi la Marina Militare provvedeva alla erogazione dell’elettricità, con un impianto realizzato nel 1896, dell’acqua, attraverso la costruzione di numerosi depositi sotterranei e trasportandola con navi cisterna da Battistoni; finché intorno al 1932 non venne realizzato l’acquedotto comunale. Veniva anche fornita la legna ricavata dal disboscamento per la costruzione delle batterie militari ed inoltre la Marina metteva disposizione i rimorchiatori e le motobarche militari che collegavano regolarmente la base militare di Moneta con La Maddalena e con Stagnali per il trasporto di persone e di merci. Nel 1893, per affiancare il servizio di trasporti via mare, vennero affittati per tre anni, dalla ditta Perugina Angelo, una carrozza coperta, due cavalli e due carrozzini, risultati troppo costosi e poco capienti. Nello stesso anno venne proposta la realizzazione di una linea ferroviaria a scartamento ridotto in sostituzione del collegamento marittimo; la ferrovia non fu realizzata, tuttavia tra il 1899 e 1900 vennero costruite ed equipaggiate due locomotive stradali a vapore, “Maddalena” e “Caprera”, in grado di trasportare grossi pesi, le quali vennero utilizzate solo verso il 1930 per il trasporto, lungo le strade impervie, delle corazze protettive dei cannoni. I collegamenti via terra con il centro abitato di La Maddalena erano garantiti da un servizio di carrozze che stazionavano a Piazza Umberto I. Dal 1898 fino alla prima guerra mondiale Emanuele Demutti effettuava il trasporto di persone in qualsiasi località dell’isola; a Demutti, nella gestione del sevizio di collegamento con Moneta, subentrò Carmelo Serio. La cooperativa iniziò la sua attività immediatamente dopo la registrazione presso il tribunale di Tempio il 26 novembre 1896, la Regia Marina mise a disposizione i locali senza pretendere le spese di luce ed acqua. Si trattava del negozio più fornito che forniva prezzi calmierati, gravati solo dalle spese di trasporto; al suo interno, in mancanza di una farmacia vera e propria era custodito dal presidente della società, un armadietto farmaceutico contenente medicinale specialità farmaceutiche di uso comune che non richiedevano prescrizione medica. Gli abitanti di Moneta provenivano da diverse località d’Italia e, trapiantati presso una base militare in una zona quasi disabitata, lontano dalla città, non cercavano occasioni per mescolarsi con i Maddalenini, ma trovavano nella vita di tutti i giorni motivi di aggregazione e consolidamento dei rapporti sociali. Per molto tempo costituirono una comunità autonoma, con abitudini, tradizioni ed anche forme di linguaggio diversi. In questo erano favoriti dalla comune estrazione proletaria ed alla appartenenza alla medesima classe sociale ed economica ed inoltre dalla convivenza alla quale erano abituati dal tipo di struttura urbanistica ed edilizia del villaggio . Alla “Disciplina” come al “Vaticano” o alle case a nord, la disposizione allineata delle abitazioni favoriva i rapporti di vicinato, lo scambio e la partecipazione reciproca alle vicende di ciascuna famiglia, questo garantiva il divertimento e lo svago soprattutto per i bambini che potevano scorrazzare liberi da una casa a l’alta sempre controllati da genitori, da adulti o dagli anziani. L’attenzione dedicata all’istruzione elementare e professionale della popolazione giovane, che per definizione doveva essere educata e plasmata, rappresentava un vero e proprio investimento aziendale a lungo termine, che rafforzava il meccanismo di sfruttamento del lavoro. A partire dal 1893, con l’arrivo dei primi nuclei familiari, si era resa necessaria l’istituzione di una scuola elementare. Nel 1895 il Genio Militare elaborò un progetto per la realizzazione di un fabbricato scolastico dotato di tre aule e servizi. Purtroppo l’impegno finanziario per le spese della difesa assorbiva tutte le risorse e i soldi per la scuola non erano disponibili. Nel 1898 il Regio Commissario Straordinario del Comune fece una delibera per il regolare impianto di una scuola mista nella fazione “Cantiere”, che segnò la nascita delle scuole di Moneta. La Marina Militare mise a disposizione dei banchi che vennero riadattati a spese del Comune. Oltre agli arredi l’amministrazione comunale doveva anche preoccuparsi degli stipendi, degli affitti, e delle spese relative ai mezzi di trasporto degli insegnanti del Regio Cantiere. Quando nel 1909 la giunta comunale ritirò questa sovvenzione la Marina intervenne mettendo a disposizione dei maestri i rimorchiatori che servivano per collegare tra loro i diversi insediamenti militari. La mancanza di aule spinse ad occupare edifici privati e caserme militari come la Faravelli e la Sauro, presso la quale venne ospitata anche la prima scuola materna gestita dalle suore dell’Istituto San Vincenzo. L’istituto, decaduto dopo la morte della direttrice Suor Pia, venne ripristinato nel 1945 per rispondere alle pressanti richieste, provenienti da molte famiglie che ne avvertivano decisamente la mancanza. Il Comando Autonomo Marina Militare che decise di intervenire per creare una nuova scuola materna, sempre presso la Caserma Sauro, aveva posto la gestione dell’istituto sotto il proprio Centro Assistenza, imponendo un carattere privatistico che consentiva l’iscrizione solo ai figli dei militari; tuttavia in seguito alle proteste dei civili dipendenti dell’Arsenale questi ottennero di poter iscrivere i propri figli.
La popolazione di Bonifacio ammonta a 3703 persone.
Il tenente generale del Genio Giovanni Moneta organizza l’Arsenale militare marittimo di Moneta.
Forti limitazioni per la pesca e l’ancoraggio nelle acque dell’arcipelago. Viene costruito il ponte girevole che collega l’isola della Maddalena con Caprera.
Censimento della popolazione: gli abitanti sono 6558, con una media di 346,83 per km quadrato; 2358 sono i militari, 350 i condannati ai lavori forzati. Il traffico commerciale, nel triennio 1889-1891, è di circa 33.000 tonnellate: nel triennio precedente era di 3.000 tonnellate.
maggio
Il Genio militare per la Marina progetta il primo bacino di raccolta delle acque del fosso Acqua di Ferrante, a Caprera.
9 agosto
Esce a Sassari, prima settimanale poi, dal marzo 1892, quotidiano, ‘‘La Nuova Sardegna’’, espressione di un gruppo di borghesi progressisti d’ispirazione repubblicana.
15 agosto
Le due isole di Caprera e Maddalena sono fra loro unite da una diga di circa 800 metri di lunghezza e da un ponte, che fu appunto ora ultimato; questo fu stabilito verso la metà della diga stessa.
Il ponte, tutto di ferro, senza raggiungere le massime dimensioni state date a questo genere di costruzioni, ha una lunghezza di m. 25 e una larghezza di m. 3, e permette il transito ai carri più pesanti.
Esso consta di due parti, girevole ciascuna attorno ad un perno stabilito sulla rispettiva spalla, in modo da lasciar libero il passaggio ai galleggianti, quando si apra il ponte.
Il ponte girevole, che unisce le due estremità della diga gittata attraverso al canale della Moneta, che separa l’isola della Maddalena da Caprera, è costituito da una travata in acciaio dolce, composta di due volate girevoli, le quali vengono a congiungersi alle loro estremità, formando un arco molto ribassato e di elegante aspetto.
Caduna delle due volate è portata da un perno centrale di rotazione e da due ruote poste sotto la coda di essa, ove si trova una cassa ripiena di zavorra destinata a fare equilibrio sia al peso proprio della parte che sporge dallo spallone, sia ai carichi che transitano sul ponte.
Per mezzo di rotismi annessi alla coda della volala e di una dentiera circolare fissata sullo spallone, un uomo solo può in cinque minuti aprire la volata su cui si trova. Quando le due volate sono chiuse per stabilire le comunicazioni sul ponte, esse vengono congiunte da due robusti chiavistelli.
In questa posizione, oltre che sul perno e sulle ruote, caduna volata appoggia sullo spallone altresì per mezzo di due viti che si calano e si rialzano colla massima facilità.
Per garantire il ponte contro l’azione del vento, le due volate vengono assicurate agli spalloni per mezzo di appositi fermagli.
Le prove statiche e dinamiche eseguite a metà del mese scorso diedero ottimi risultati, le frecce prodotte dai carichi prescritti essendo risultate di molto inferiori ai limiti imposti.
Il ponte, su indicazioni della Direzione straordinaria del Genio Militare pei lavori della Regia Marina alla Maddalena e del suo egregio capo, colonnello Ferrarini, fu studiato e diligentemente eseguito dalla Società Nazionale delle Officine di Savigliano.
3 novembre
Il Ministero della Marina emette un decreto di esproprio di Caprera per ragioni di difesa militare.
5 dicembre
Nasce a Dorgali (NU), ma divenne presto cittadino maddalenino, Vincenzo Patteri. Venne chiamato alle armi allo scoppio della prima guerra mondiale e fu destinato nel 234° reggimento fanteria della brigata Lario. Per circa due anni combatté tra le fila di questo reggimento, fino al 16 maggio del 1917, quando la morte lo colse in un combattimento a Cervignano, aveva 26 anni.
29 dicembre
Muore a Genova, Giovanni Battista Millelire. Era nato l’11 novembre 1803 a La Maddalena, da Giò Agostino e da Santa Zicavo. Figlio d’arte, perché suo padre Agostino (1758-1816) era stato maggiore nelle regie armate sarde, e comandante dell’arcipelago della Maddalena dal 1798 al 1816; e perché lo zio Antonio (1765-1830) divenne direttore del regio arsenale ed ispettore di sanità a Genova; mentre lo zio Domenico (1761-1827) era stato un eroico nocchiero della regia marina sarda, ammirato dallo stesso Nelson, primo ad ottenere una medaglia d’oro al V.M., istituita da Vittorio Amedeo III- avendo vittoriosamente difeso, nel 1793, l’isola della Maddalena contro gli attacchi della squadra navale francese del Direttorio, e ripetendosi poco dopo a Caprera; promosso ufficiale, divenne comandante di porto di Genova. Avviato alla carriera militare in marina, entrò fra i primi nella scuola istituita nel 1815 da Giorgio Andrea De Geneys divenendo guardiamarina (subito dopo la restaurazione, G.A. De Geneys – per ordine del governo sabaudo – riorganizzò la marina militare in un’epoca di enormi e fondamentali trasformazioni: dalla vela alla propulsione meccanica, dal fasciame in legno agli scafi corazzati, con armi da fuoco più perfezionate precise e potenti. Divenendo così il creatore della attuale Accademia Navale e della Marina Militare Italiana) Il Millelire, diplomatosi tra i primi nel 1820, col grado di sottotenente di vascello subito ebbe modo di distinguersi nella battaglia di Tripoli contro il Bey combattendo valorosamente il 25 settembre 1825 come comandante responsabile della lancia grande mandata dalla nave Maria Cristina (comandata da Luigi Serra e facente parte della squadra di Sivori) contro una goletta (la scusa ufficiale della dichiarazione di guerra fu la soddisfazione contro un affronto economico fatto dal Bey al re Carlo Felice e non riparato, anzi rincarato: con il Bey era stato stipulato un accordo anti-pirateria – che aveva base nel porto di tripoli – pagando salata somma perché compensasse il naviglio in porto dei ‘mancati introiti’; incassata la cifra, iniziò il gioco al rialzo pena l’annullamento dell’accordo. Se a quei tempi, in rapporto ad un esasperato senso dell’onore – tra ufficiali – era usuale per ogni minima inezia un duello, tra i peggiori affronti era la mancanza di parola. Il lato pratico fu distruggere l’arsenale che ospitava impuniti ed armava gli ultimi terribili corsari del mare): gli furono conferite le insegne di Cavaliere (dell’ordine militare dei S.S. Maurizio e Lazzaro) a cui seguì la promozione a tenente di vascello. Si distinse nel 1826 nella guerra greco-turca, quando la flotta sarda fu unita alla austro-franco-russa, soprattutto per stabilire l’atto di presenza nel consesso internazionale (cosa meglio ribadita poi dal Cavour nella guerra di Crimea); contro dei pirati greci ai quali ricuperò un bastimento commerciale sardo depredato; nel 1830 e 1833 ad Algeri per gli stessi motivi di Tripoli, tanto da meritarsi alti riconoscimenti anche internazionali (nel 1843 per atti di eroismo ad Algeri ove era scoppiato un grave incendio nei magazzini francesi, il governo di Luigi Filippo lo nominò ufficiale della Legion d’Onore). Nel 1833 era comandante dello Zeffiro quale capitano di corvetta; nel 1835 della corvetta Aquila quale capitano di fregata; nel 1843 della fregata Bertoldo quale capitano di vascello. Sempre impegnato sul mare, in missioni di pace, di guerra, di protezione dei consoli e della marineria commerciale. Fu inviato a Trieste nel 1845; nel 1848 nella prima guerra di indipendenza fu al comando della fregata ammiraglia san Michele, anche se fu inoperoso per mancanza di duelli navali). Concluse la carriera con la carica di contrammiraglio e comandante del Porto di Genova nel 1849 (in quegli anni venne prolungato il molo nuovo di 60 m, vennero aperti i primi bacini di carenaggio, iniziarono i primissimi collegamenti ferroviari, compreso l’apertura della galleria del Passo Nuovo (1854-8) sotto il promontorio di san Benigno per iniziativa del municipio di San Pier d’Arena). Dopo aver servito con onore e fedeltà quattro re (da V. Emanuele I a Carlo Felice, Carlo Alberto, V. Emanuele II), fu collocato a riposo e ricette dal quinto re Umberto I una medaglia commemorativa per i servizi resi alla corona. Vedi anche: Giovanni Battista Millelire