Correva l’anno 1957
3 gennaio
Il Capitano di Vascello Francesco Albrizio, comandante della piazzaforte militare, consegna ai dipendenti della Marina Militare i locali del Circolo Ricreativo Lavoratori del Mare’, destinato a essere in seguito noto come C.R.A.L., dove impiegati e maestranze della Marina avrebbero avuto modo “di ritemprare muscoli e intelletto per una più proficua opera del braccio e della mente”.
11 gennaio
Mario Birardi, presenta un ordine del giorno al presidente dell’amministrazione provinciale. Il consigliere provinciale del PCI così espose la domanda: “Il Consiglio provinciale, appreso che l’autorità militare ha proceduto al licenziamento di undici operai dell’Arsenale di La Maddalena; rilevato che detti operai per giudizio unanime della cittadinanza di quel centro sono professionalmente tra i più qualificati per cui godono e godevano della stima generale tra le maestranze e la popolazione tutta, tanto che diversi di questi erano stati per lunghi anni investiti di responsabilità nella commissione interna e nei sindacati; osservato che dal provvedimento non sono stati esclusi neppure quanti, servendo la patria in guerra, avevano riportato menomazioni fisiche e ferite; constatato che questo ultimo licenziamento aggrava le già precarie condizioni di vita del centro di La Maddalena, constatate dalla grande commissione consiliare nominata a suo tempo in seguito a voto solenne pronunciato da questo stesso Consiglio Provinciale e con quel voto contrasta; sensibile alla grave situazione di disagio nella quale gli undici operai e le loro famiglie sono venuti a trovarsi dopo lunghi anni di fedele e onesto servizio prestato; nel deplorare il provvedimento ingiusto e inopportuno, stante la particolare situazione esistente in generale in tutta l’isola, per difficoltà di natura economica e sociale, chiede che il Ministero competente riesamini la decisione e provveda alla immediata riassunzione dei licenziati; impegna la Giunta a compiere ogni azione possibile perché, con la riammissione al lavoro degli undici operai, il problema della rinascita di La Maddalena venga affrontato da chi di dovere con sollecitudine“. Birardi espose il suo ordine del giorno nel corso della riunione del consiglio convocata il successivo 9 febbraio, cimentandosi in un duello “rusticano” con il rivale Sebastiano Asara, autore anche lui di una mozione sui licenziamenti dell’Arsenale, di contenuto nettamente contrario rispetto a quella presentata dall’esponente comunista. (Tore Abate)
15 gennaio
Si riunisce, il Consiglio Comunale, si trattava del penultimo prima delle dimissioni del sindaco e del previsto rinnovo della assemblea cittadina. In apertura di seduta, il sindaco Pietro Ornano aveva invitato tutti i consiglieri presenti, prima di iniziare a discutere sugli argomenti iscritti nell’ordine del giorno, a commemorare, nella prima occasione utile, il collega Marco Antonio Bargone, membro del gruppo DC, massone, e artefice dell’esperienza della ‘Lista Cittadina’ nel 1952, deceduto nel mese di ottobre dell’anno prima. Dopo una sospensione, la ripresa dei lavori vide un susseguirsi di dibattiti e argomenti di “carattere generale”, fino a quando Gavino Demuro, indipendente di sinistra, lesse il seguente testo e pretese che fosse votato in aula: “Il Consiglio Comunale riunito in seduta plenaria e dolorosamente preoccupato della grave situazione determinatasi in città, in seguito ai licenziamenti avvenuti di recente per 10 operai e un impiegato, tutti indistintamente conosciuti ed apprezzati, per le loro qualità professionali e morali, come ottimi cittadini, in relazione anche delle esplicite dichiarazioni fatte in pubblico dai deputati, sottosegretari e ministri del partito politico che detiene il potere e rappresenta il governo impegna il Sindaco e la Giunta ad associarsi alle azioni che su iniziativa di sindaci di altre città, della stampa e delle organizzazioni sindacali, intendono provocare la revoca del licenziamento e l’abolizione dell’antidemocratica formula del contratto a termine per la tranquillità e la certezza del lavoro continuato. Sindaco e Giunta siano altresì impegnati all’attuazione immediata dei problemi specificatamente indicati nel Piano di Rinascita menzionato da autorità centrali e nazionali e che ha tuttavia consentito che l’anno decorso sia stato chiuso con un provvedimento inumano e tragico, che ha lasciato, negli strati più ampi della popolazione di questo centro, nuova sfiducia e ansia futura e non auspici di benessere e di progresso“. La mozione proposta passò alla votazione e in quel momento fu scritta una delle pagine più tristi della storia de La Maddalena. Perché quel documento con cui veniva suggerito di offrire solidarietà a cittadini che la meritavano, tutta, fu respinto inesorabilmente e senza alcun imbarazzo, dalla maggior parte dei consiglieri: votarono in 14 contro la ‘mozione Demuro’, solo in 9 favorevolmente e 1 si astenne, su 24 presenti. A parziale attenuazione della gravità dell’episodio furono da annotare le parole pronunciate, subito dopo il voto, da Pietro Ornano: “Indipendentemente dall’esito negativo della votazione, sento il preciso dovere di esporre succintamente i fatti verificatisi in seguito di detto licenziamento. Affermo che da parte dell’Amministrazione vi è stato tutto l’interessamento che il caso comportava. Alla presenza, infatti, del rappresentante della CISL, si sono interessati autorevoli parlamentari e lo stesso rappresentate della CISL ha affermato di orientarsi secondo le decisioni prese dalla Giunta municipale. L’interessamento, è evidente, vi è stato ed è stata svolta anche un’azione serena al fine della eventuale riassunzione. Degli 11 operai licenziati, 3 sono stati subito riassunti. Ai fini dell’economia cittadina, è da rilevare che altre 5 persone sono state assunte. Nell’assicurare che, anche se bocciata, la mozione presentata verrà considerata e tenuta in particolare evidenza come calda raccomandazione, rimprovero al gruppo di minoranza di avere avuto il torto di fare affiggere subito un manifesto contro il Governo, quando proprio da parte del Governo, tramite il tempestivo interessamento di questa Amministrazione, si stanno prendendo i necessari provvedimenti. Una sì fatta azione è dispiaciuta, ovviamente, a questa Amministrazione la quale, piaccia o no, è col Governo”. Il sindaco, in quest’occasione era stato di una chiarezza disarmante: preoccupazione e partecipazione sì, ma con giudizio, perché La Maddalena non poteva porsi contro il Governo, elargitore di benefici e fonte di economia. Inutilmente, i comunisti Pietro Balzano, operaio licenziato, prima ancora che militante politico, e Mariolino Luongo, cercarono di reagire ad una situazione che assumeva contorni grotteschi. Furono fatti tacere. Di più: il sindaco, dopo avere richiamato all’ordine ripetutamente Balzano e Luongo, “continuando il predetto signor Balzano a parlare in maniera piuttosto forte e irruente, al fine di evitare incidenti in aula, sospende la seduta per motivi di ordine pubblico ed abbandona l’aula, Si fa constatare che sono esattamente le ore 11,20”. L’ora della vergogna. Come si usa dire: ‘cornuti e mazziati’. (Pasqualino Serra e il suo gruppo sono legati al segretario provinciale del partito Pietro Pala. Il quale, a sua volta , è amico fraterno di monsignor Carlo Re, che è il vescovo di Tempio e Ampurias, e che è stato missionario in Kenia, e dai tempi in cui svolge questa sua attività in Africa risale il legame con l’influente uomo politico sardo. Pala informa il vescovo della situazione in cui versa la Dc alla Maddalena. Il partito è sempre il riferimento politico del mondo cattolico e non può logorarsi a causa di queste lotte intestine e fratricide. Il vescovo ammonisce don Capula, gli chiede di non parteggiare per nessuna delle fazioni. Il parroco, ovviamente, non l’ascolta. Monsignor Re, invece, ascolta, e approva, le ragioni dei “laici”. Per giunta al gruppo della parrocchia viene inopinatamente e inaspettatamente a mancare l’appoggio del Presidente Segni. “ Don Capula, alle elezioni politiche del… da la sua indicazione di voto ai parrocchiani- dice ancora Tonino Conti – Il candidato da appoggiare non è Antonio Segni, ma Giuseppe Maxia. Quest’ ultimo supera Segni nelle preferenze. Il Presidente se la lega al dito. Quasi rompe con don Capula. Nel frattempo, a Tempio, il vescovo e un’ altro influente prelato della curia, don Renato Volo, si incontrano con Pasqualino Serra e gli garantiscono il loro sostegno. In quella sede si assume anche un impegno: il trasferimento dall’Arsenale della Maddalena di alcuni sindacalisti CISL che sono tacciati paradossalmente di filo-comunismo. Si parla di me e di Donato Pedroni. Vogliono farci mandare lontano dalla Sardegna: la mia destinazione sarebbe stata Trapani. La segreteria provinciale vuole disperdere il ‘gruppo dei dieci ‘ e il vescovo è in disaccordo con don Capula”. Il parroco di rivolge a Masia per scongiurare i trasferimenti e, sembra, per sanare la frattura interna alla DC. Il clima è avvelenato. Manca la serenità. Secondo Tonino Conti, consigliere comunale Dc – eletto nel 1957 e facente parte del “gruppo dei dieci” – le ragioni delle divisioni all’interno del gruppo democristiano in Consiglio Comunale, e all’interno della sezione cittadina dello scudocrociato sono molteplici. Quella principale è innanzitutto la “sfrenata ambizione” di alcuni personaggi influenti, in entrambi gli schieramenti. “Nel 1957 è nominato sindaco Francesco Susini- spiega Conti- E’ indicato dal consigliere regionale Sebastiano Asara, cattolico ma autonomo rispetto alla parrocchia, e, principalmente suo cognato”. Susini è un farmacista, non ha mai partecipato attivamente alla vita politica, anche se è di simpatie democristiane. Sembra una persona equidistante da entrambe gli schieramenti, se vogliamo le correnti, che compongono il gruppo Dc, quella della “ sacrestia”, guidata non troppo velatamente dal parroco don Capula , e quella definita impropriamente “laica”, che è animata dal giovane Pasqualino Serra, futuro assessore provinciale e sindaco della città alla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
Anche Susini intende mantenere una posizione di autonomia rispetto al cattolicesimo militante e rispetto a don Capula. Egli stima il parroco, ma , quest’ultimo pare che non perda occasione per mettergli il bastone fra le ruote. Con i buoni auspici del cognato, Susini riesce a incontrare, a Roma e a Sassari, il Presidente del Consiglio Antonio Segni. Prima di partire dalla Maddalena si reca puntualmente da don Capula per chiedere un suggerimento, un indicazione o per raccogliere una richiesta particolare. “ Digli di portare pane e lavoro”- risponde continuamente il sacerdote. Anche Segni mostrava sempre freddezza nei confronti del sindaco dell’arcipelago. Sembra che Capula lo imbeccasse regolarmente, alla vigilia di ogni visita di Susini. Il “Gruppo dei laici” era composto da Pasqualino Serra, Stefano Cuneo, Francesco Susini, Pietrino Vasino, Antonio Canolintas e G.B. Fabio, il “Gruppo dei dieci” invece annoverava, Donato Pedroni, Giuseppe Deligia, Giovannino Campus, Tonino Conti, Guerrino Dettori, Antonio Antò Chessa, Mariolino Carta, Mario Sangaino, Guido Mura e Salvatore Zoccheddu. (Tore Abate)
22 gennaio
La “Nuova Sardegna” titolava: “450 milioni per la costruzione della diga-ponte La Maddalena-Santo Stefano“.
29 marzo
Il Consiglio regionale inizia la discussione sulla relazione presentata dalla Commissione per il Piano di Rinascita.
7 aprile
Derby Ilva-La Maddalena. In un clima naturalmente acceso, alla presenza di un pubblico folto e appassionato, l’Ilva prevale per 1-0, rete di Mario Pisano che insacca di testa un calcio d’angolo calciato da Domenico Comiti. A metà del secondo tempo poi l’arbitro isolano Moriani assegna un calcio di rigore ai rossoblù. Il portiere biancoceleste Angelo Melis prova a innervosire Giannino Petri, incaricato del tiro, e poi distendendosi in tuffo para il rigore. Ma a questo punto gli animi sono caldi e il battibecco che ha preceduto la battuta rischia di degenerare, al punto che Moriani interviene e espelle i due. Melis accompagnato energicamente fuori dal campo da Mario Pisano e Pasqualino Pais mentre dagli spalti i tifosi assistono con particolare coinvolgimento. Pisano è chiamato a sostituire Melis e riesce a mantenere la porta inviolata fino alla fine. Melis, è stato un buon portiere, un po’ focoso ma valido, e nel triennio precedente (1952-1956) aveva militato nell’Olbia registrando diverse presenze.
8 aprile
Il Consiglio comunale di Tempio “dà parere favorevole alla costituzione della frazione di Palau in comune autonomo impegnando la Giunta Comunale e regionale a prendere le iniziative […] per favorire il progresso […], raggiungere l’autosufficienza”.
17 maggio
Il Gruppo Scuole C.E.M.M. di La Maddalena viene intitolato alla Medaglia d’Oro al valor Militare Tenente Colonnello del Genio Navale Domenico Bastianini, eroicamente deceduto durante il Secondo Conflitto Mondiale nel Mediterraneo Orientale a seguito dell’esplosione e dell’affondamento dell’Incrociatore Zara, ove prestava servizio. (“Ufficiale superiore del Genio Navale, dotato di grande intelligenza, vasta capacità professionale ed elevatissime qualità morali e di carattere, aveva sempre sollecitato destinazioni dove più intensa fosse l’attività e più vivo il rischio. Capo Servizio del Genio Navale aggiunto alla Squadra Navale, già segnalatosi durante un bombardamento aereo per il pronto recupero e la rapida disattivazione di una bomba inesplosa, partecipava con immutato entusiastico ardimento su di un incrociatore ad una delicata missione offensiva nel Mediterraneo Orientale. Durante breve combattimento con forze corazzate nemiche, presente ove maggiore era il pericolo, si dedicava con tutte le sue energie, agli ordini del Comandante, ad arginare le gravi conseguenze causate dai colpi nemici e dai violenti incendi. Smantellate le torri ed immobilizzate le macchine da tiro dei grossi calibri, nonostante fosse dato l’ordine di abbandonare la nave, rimaneva a bordo per dare ancora la sua opera generosa alla distruzione dell’unità piuttosto che renderla catturata dal nemico”. “Con fredda decisione, con sereno spirito di sacrificio, egli con pochi animosi scendeva nei locali inferiori senza aria e luce e provvedeva all’apertura delle valvole di allagamento e delle portellerie ed allo sfondamento degli scarichi dei condensatori. Nell’ardua fatica lo illuminava l’amore alla sua nave, lo sosteneva il palpito del suo cuore generoso. Con l’unità che qualche istante dopo si inabissava nel vortice dell’esplosione, eroicamente scompariva: nobile esempio di attaccamento al dovere e di indefettibile amor di Patria”. (Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941).
16 giugno
Elezioni del terzo Consiglio regionale. Calo delle sinistre e successo della lista monarchico-popolare di Lauro. Il candidato indicato dalla sezione democristiana de La Maddalena era l’insegnante liceale Sebastiano Asara, che era originario di Arzachena e che aveva una vasta parentela in Gallura. Il professor Asara, poteva contare su un ‘bacino elettorale ’ che non si limitava alla sola città di adozione, e fu eletto, potendo così rappresentare La Maddalena in Regione. Il neo-onorevole rilasciò un’intervista al corrispondente locale de La Nuova Sardegna rilevando quelli che a suo giudizio erano i problemi impellenti della città in cui aveva scelto di vivere: la viabilità interna, i collegamenti marittimi, la diga ponte La Maddalena-Santo Stefano, lo sviluppo turistico, la questione urbanistica.
Negli ultimi giorni erano arrivati a La Maddalena Renzo Laconi per il P.C.I., Paolino Dettori per la D.C. Tra gli altri oratori era giunto anche Antonio Segni, ex presidente del Consiglio dei Ministri, accompagnato dal segretario provinciale della D.C. Francesco Cossiga, per fare campagna elettorale a favore del candidato Sebastiano Asara. Le correnti democristiane che incrociarono le armi del confronto in quel torno di anni sono ricordate come il ‘Gruppo dei Dieci’ (fino al 1961) e il ‘Gruppo Serra’ oppure ‘Gruppo della sacrestia’ e ‘Gruppo Laico’: dieci da un lato e sei dall’altro. Il primo gruppo faceva riferimento alla parrocchia, all’Azione Cattolica, e al sacerdote Salvatore Capula, il secondo al consigliere Pasqualino Serra, il quale, a livello nazionale si riconosceva, e con lui tutto lo schieramento di cui era indiscusso capo, nelle posizioni dei leader favorevoli all’apertura alle forze di sinistra. Erano favorevoli al ‘centrosinistra’ e per questo, i ‘laici’ isolani, dopo che Aldo Moro costituì la propria corrente a Roma, dopo il 1968, furono conosciuti e indicati con il nome, appunto, della corrente di appartenenza, come i ‘morotei’.
22 giugno
Per tutta risposta alle invocazioni dei partiti della sinistra, sia a livello locale sia regionale e nazionale, la lettera del non rinnovo del contratto di lavoro raggiunse ancora una volta due operai arsenalotti: Tullio Cantini e Domenico Cuneo, entrambi iscritti al Partito Socialista Italiano. Tullio Cantini fu riammesso in servizio dopo quarantadue giorni, Domenico Cuneo non ritornò mai più in Arsenale. Erano passati quasi cinque anni – mancavano, in effetti, solo due giorni – da quando, il 24 giugno 1952, la famosa lettera di licenziamento era stata recapitata all’operaio Augusto Morelli, il primo della lunga serie. (Augusto Morelli dopo il licenziamento dall’Arsenale andò a lavorare presso la Federazione Provinciale del P.C.I. a Sassari. Il salario era minimo. “La mia scrivania diventava il giaciglio per la notte – racconta l’ex dirigente regionale del partito comunista – Io ed altri compagni dormivamo nei locali della Federazione, nei mesi immediatamente successivi al licenziamento”. A La Maddalena, in quegli anni furono chiuse la Camera del Lavoro e la sede della C.G.I.L., che riaprirono solo nel 1975, perché nessun lavoratore aderiva più al sindacato di sinistra. Da Veleni e lumi di candela di T. Abate e F. Nardini)
13 luglio
Nell’ambito dell’ammodernamento della rete ferroviaria, arrivano al porto le prime automotrici, costruite dalla Fiat e destinate alle linee Sassari-Alghero e Sassari-Tempio-Palau: in quest’ultima tratta entreranno in funzione nel 1960.
28 luglio
Fiducia dei partiti di centro-destra alla giunta monocolore DC presieduta da G. Brotzu.
settembre
Su segnalazione di Giuseppe Viggiani, il giornalista Gianni Roghi compie le prime indagini sul relitto di una nave oneraria romana affondata presso la secca Corsara (isola di Spargi) intorno al 120 a.C. Lo stesso Roghi appronta un programma di scavi attuabile grazie ai finanziamenti dell’editore Angelo Rizzoli e della Regione Autonoma della Sardegna.
15 ottobre
Nasce a La Maddalena, Maria Grazia Calligaris; Giornalista, consigliere regionale. Dopo essersi laureata in Lettere si è dedicata all’insegnamento nelle scuole secondarie e al giornalismo (ha al suo attivo un agile manuale di introduzione alla prova scritta del ‘‘nuovo’’ esame di maturità). E’ iscritta all’albo dei professionisti dal 1988; è autrice di racconti e ha collaborato con diverse testate anche a livello nazionale. Nel 2004 ha aderito a Progetto Sardegna di Renato Soru ed è stata eletta nel ‘‘listino’’ consigliere regionale per la XIII legislatura.
20 ottobre
Scrive “L’Europeo” a proposito dei ritrovamenti di anfore nella nave di Spargi: “Invero, il primo avvistamento sottomarino della nave, effettuato dal palombaro Lazzarino Mazza, risale al 1939; questi recuperò anche una decina di anfore, al cui novero appartiene l’esemplare di tipo italico, conservato nella sede del Comando marittimo de La Maddalena. (alt. m1 – largh. alla base dei manici (massima espansione) 0,18 – alt. manici 0,16.) Un altro esempio, della stessa provenienza, ho visto, il 25-6-1956, nella casa di abitazione della Signora Maria Viggiani in Ogno, nell’isoletta di Santa Maria…….Ai resti di anfore, facenti parte di carichi dispersi in seguito alla scomposizione dello scafo sui fondali rocciosi, son da riferirsi i rottami ceramici, d’argilla rossastra, talvolta velata di vernice bianca, che si osservano sulla linea del bagnasciuga di vari punti dell’Arcipelago. Ne ho visto, numerosi, presso il Passo degli asinelli, fra Santa Maria e Razzoli, dalla parte della spiaggetta di Santa Maria; e se ne possono raccogliere in quantità a Santo Stefano, ad occidente ed oriente di Punta Villamarina: tali rottami si distinguono facilmente per esser levigati dall’azione dell’acqua marina ….. Un carico di olio e di vino, a giudicare dalle fogge delle 300 anfore, era trasportato dall’imbarcazione di secca Corsara. Sulla banchina del porto di Cala Gavetta, a La Maddalena, il 24-6-1956 ho visto un blocco di marmo di Carrara di circa 20 tonnellate, preso nel mare tra La Presa e Punta Filetto; un altro blocco, di 60 tonnellate, dello stesso carico, è partito per Carrara, tagliato in due, per comodità di trasporto e di lavoro. Può trattarsi d’una partita di marmo carrarese, d’età romana, con destinazione Sardegna, forse Portotorres, città relativamente ricca di marmi“.
27 ottobre
Elezioni amministrative a La Maddalena, vedono la vittoria della D.C. e, all’interno dei sedici eletti, la vittoria tutta personale di Francesco Susini. Con un bonus di 1.038 preferenze il farmacista, ex ufficiale della Marina Militare, cognato di Sebastiano Azara, consigliere regionale, si candidava ipso facto a guidare l’amministrazione della città. “Per quanto riguarda il verdetto delle elezioni il nuovo primo cittadino è opinione generale che esso debba indirizzarsi verso il dr. Francesco Susini: questa scelta sembra infatti la più probabile anche perché la famiglia Susini ha sempre dato a La Maddalena ottimi amministratori” – scrisse Mario d’Oriano su La Nuova Sardegna. Ma non fu così semplice come poteva apparire e ai contrasti interno della D.C. si aggiunsero le manovre politiche degli altri gruppi. Così quando il 18 novembre fu riunita l’assemblea uscita dalle elezioni amministrative – con Donato Pedroni presidente perché consigliere più votato dopo Susini – l’opposizione abbandonò l’aula, facendo mancare il numero legale e impedendo l’elezione. “I gruppi d’opposizione hanno inteso così protestare per non essere stati interpellati in esito alla designazione di Susini” si lesse ancora sul quotidiano di Sassari. Si fece appena in tempo, prima dell’abbandono dei consiglieri d’opposizione, a convalidare gli eletti. E accadde anche un episodio alquanto ridicolo, se così si può dire, a giudicare dal racconto del giornalista presente. “Nel corso della seduta si è proceduto alla convalida di tutti i nuovi trenta consiglieri ad eccezione del dr. Renzo Manca della lista democristiana che è stato dichiarato ineleggibile ed è stato sostituito dal primo dei non eletti Pasqualino Serra”. L’ineleggibilità di Manca, medico chirurgo, si basava sulla non effettuata prova di alfabetismo del neo consigliere che, invece, Pasqualino Serra effettuò “seduta stante”. Il giorno successivo, sempre su La Nuova Sardegna, il fatto era meglio specificato: “… Uno dei consiglieri, il dr. Renzo Manca, della lista democristiana, non ha fornito la prova di alfabetismo. Il consiglio lo ha dichiarato decaduto con 20 voti contro 3 astenuti.
In sua vece è chiamato il primo dei non eletti Pasqualino Serra che fornisce seduta stante la prova di alfabetismo e il consiglio lo accetta con 27 voti favorevoli e 2 contrari”. La stessa corrispondenza ci informava che la Lista Tricolore, per bocca di Aldo Chirico, aveva proposto – prima che il gruppo lasciasse l’aula – tre eccezione di eleggibilità: una contro Giuseppe Deligia (Dc), perché eletto con la carica di presidente dell’Ente Comunale di Assistenza. Il neo consigliere però aveva presentato da tempo, e ne diede lettura, le proprie dimissioni, per cui viene confermata la legittimità dell’elezione con 15 voti favorevoli. Un’altra opposizione Chirico la lanciò contro Stefano Cuneo (Dc) perché era stato fornitore del Comune, ma non risultò che ci fossero giacenze di fatture a lui intestate in pagamento presso l’amministrazione, come faceva fede la dichiarazione di Giovan Battista Fabio, assessore uscente alle finanze e un’altra ancora contro l’elezione di Antonio Chessa perché aveva lavorato nei cantieri di lavoro comunali. Anche quest’ultimo fu, però, confermato.
Successivamente, il giorno dopo, una lettera ai giornali di Mariolino Luongo, capogruppo del Partito Comunista, specificava ulteriormente il perché dell’uscita dei gruppi d’opposizione dall’aula. “Qual era il dovere della maggioranza – affermò Luongo riferendosi al periodo trascorso fra le votazioni e la riunione per l’elezione del sindaco – in vista di questa riunione? A nostro avviso il suo dovere era quello di concordare, o almeno di tentare di concordare con gli altri gruppi presenti in consiglio, la designazione del sindaco. Ciò avrebbe significato un primo segno di distensione e un invito alla collaborazione. Avrebbe significato altresì che all’uomo designato si intendeva dare più prestigio nell’interesse dell’alta carica che doveva rivestire e sottolineare il prestigio stesso della città. E’ in segno di tale protesta – terminò Luongo – che abbondiamo l’aula lasciando a voi tutta la responsabilità del vostro operato”. Evidentemente simili sottigliezze politiche non importavano gran che ai consiglieri del partito vincente.
Per l’elezione di Francesco Susini si dovette attendere il 26 novembre. Fu eletto con 20 voti a favore e 9 astenuti (egli compreso). Votarono a favore i consiglieri democristiani e quella della Lista Tricolore; votarono contro le sinistre. La giunta amministrativa era formata da Salvatore Zoccheddu (24 voti), Donato Pedroni, Giovan Battista Fabio e Giovanni Campus (tutti con 16 voti). Assessori supplenti furono designati Antonio Chessa e Rino Montella.
Ma la vita amministrativa della Giunta Susini non durò che il breve spazio di sei mesi.
Il 29 aprile del 1958, infatti, Francesco Susini rassegnò le proprie dimissioni da capo dell’amministrazione civica. La formalizzazione delle dimissioni avvenne durante il consiglio comunale del successivo 20 maggio. Durante quella seduta il sindaco fece una dichiarazione che resta uno fra i documenti più specifici dell’intera storia dell’amministrazione civica isolana di quel periodo. Dopo aver dichiarato che le sue dimissioni non sarebbero state ritirate “per nessun motivo”, l’ancora sindaco per pochi minuti, concludeva: “( …) informo il Consiglio stesso che, conscio dei miei doveri verso l’elettorato, rimarrò al mio posto di consigliere per l’apporto che la mia modesta persona potrà dare nell’interesse del paese. Da questa mia dichiarazione risulta evidente che io non mi sono dimesso né per malattia, né per curare i miei interessi, né spaventato dai ‘ponderosi’ problemi che si sono presentati durante la mia amministrazione, come è stato sussurrato di confidenza in confidenza da uno di quei, fortunatamente pochi, cervelli napoleonici della nostra isola”
Chi fosse stato il ‘cervello napoleonico’ non è dato sapere, dal momento le cronache non lo riportano, ma lo si può immaginare, se non altro riflettendo sul significato di quell’aggettivo.
Tuttavia, pareva di comprendere, il motivo scatenante delle dimissioni era da ritenersi fondatamente personale, ossia dovuto ad una considerazione sulla mancanza, totale o parziale che sia, di fiducia che il sindaco aveva scorto nel comportamenti di qualcuno (Giunta? Partito? Parrocchia?) in grado di demotivarlo seriamente. Afferma, infatti, il cronista dell’avvenimento: “Sui motivi della sfiducia, a lui presentati in maniera molto vaga, egli non ha inteso soffermarsi, ritenendo questo suo atto sufficiente a fargli abbandonare il suo posto dal momento che non nutriva alcuna ambizione e non intendeva dar fastidio a nessuno”.
Susini, insomma, ambiva ad una fiducia totale da parte di chi lo sosteneva: il benché minimo sospetto contrario lo portava inevitabilmente all’uscita di scena. Il suo carattere di ex militare, in fondo, non poteva transigere.
Nel procedere delle dichiarazioni di voto fu possibile avvicinarsi ancora di più alla scoperta della mente misteriosa, ma non scoprirla: il consigliere Mario Luongo (P.C.I.), infatti, faceva rilevare che “la D.C. si era servita del nome del dott. Susini per ottenere la maggioranza nelle elezioni e che di volta in volta questo partito porta davanti all’elettorato un nome nuovo per poi bruciarlo”. Non doveva essere quindi, quella di Francesco Susini, una storia nuova. Stesso tono per il consigliere Salvatore Vincentelli (P.S.I.), il quale dichiarava che a suo avviso “le dimissioni presentavano qualcosa che le viziava e che nascevano da pressioni esterne”, visto anche che “la giunta non si è dimessa”, per cui egli aveva ragione di ritenere che “le dimissioni siano dovute all’impossibilità di resistere alle azioni faziose e alla mancanza di collaborazione della Giunta”. Alcuni dei consiglieri della Lista Tricolore ritennero di non dover intervenire sul problema della conoscenza del ‘perché’ Susini avesse rinunciato alla carica. Il consigliere Aldo Chirico, anzi, liquidò la faccenda specificando che per loro “la questione comunale assumeva unicamente un aspetto amministrativo e che, dal momento che a loro non risultavano le ragioni di tali dimissioni, essi avevano dato il voto di fiducia, come nei sei mesi trascorsi, al sindaco e alla Giunta
In quel frangente, mentre fra i consiglieri della sinistra e quelli della destra si dava vita a un battibecco sull’opportunità di venire a conoscenza delle vere ragioni che avevano determinato le dimissioni, la sala consiliare cadde nel buio. L’assemblea dovette procedere a lume di candela!.
E con una serie di battibecchi sempre più focosi fra le varie parti, in cui intervennero anche i consigliere Pasquale Serra (D.C.), Gino Alfonso (P.C.I.) e altri, e tutti per chiedere a gran voce di conoscere la ragione recondita delle dimissioni, per altro, già annunciate.
Alla conta dei voti risultò che queste dimissioni erano accolte con 16 voti favorevoli e 11 contrari. La folla presente, sempre nella penombra delle candele, accolse il risultato con fischi e clamori invocando a gran voce il nome del sindaco dimissionario. La conoscenza dei veri, reconditi motivi, delle “Improvvise dimissioni del sindaco dott. Susini” come aveva titolato la Nuova Sardegna del 1° maggio precedente, restarono ignote.
Fra i consiglieri della Lista Tricolore, Giuseppe Sforazzini dichiarò il suo voto contrario alla fiducia alla giunta “a titolo personale”. Il collega di partito Giacomo Mordini fece lo stesso ma chiedendo al gruppo di maggioranza di “dare delle spiegazioni”. Annita Masala in Cauli abbandonò l’aula, mentre il capogruppo dei destrorsi, Aldo Chirico, affermò di aver previsto in campagna elettorale l’impossibilità di Francesco Susini a resistere alle faziosità interne che attanagliavano il partito democristiano “per la mancanza assoluta di esperienza politica” e che quindi “non avrebbe potuto reggere le redini dell’amministrazione per più di cinque mesi”.
La gente – che un noto detto vuole che sia vox Dei – malignò parecchio su quel … provvido incidente della mancanza della corrente elettrica nel salone comunale proprio al culmine del dibattito sull’’entità’ capace di manovrare la sostanza della vita amministrativa isolana.
Per anni si parlò, in seguito, di ‘voluta distrazione d’attenzione’ per interrompere un dialogo troppo incandescente, ma per quel che se ne sa fu niente più che un guasto elettrico.
Fra l’altro in quel torno d’anno era avviata la campagna elettorale per le elezioni politiche nazionali previste per il 25 maggio e, di conseguenza, l’attenzione politica generale era polarizzata su quell’evento. Di elezione del sindaco se ne riparlò dopo le votazioni.
La riunione del consiglio comunale per l’elezione del nuovo sindaco, infatti, si tenne sabato 21 giugno 1958, alle ore 10,30. Maturò pienamente in quella riunione per l’elezione del successore di Susini (poi mancata per l’uscita dalla sala dei consiglieri di maggioranza) il contrasto fra il ‘Gruppo dei Laici’ e il ‘Gruppo dei Dieci’.
Un ordine del giorno del gruppo socialista, infatti, che chiedeva di conoscere le ragioni delle dimissioni presentato da Matteo Usai, fu respinto da 15 voti contrari e 12 favorevoli. Ma fra i favorevoli si contò anche quello di Francesco Susini.
Con la sua adesione l’ex sindaco chiedeva dunque, implicitamente, che la storia delle sue decisioni diventasse di dominio pubblico, che si dovessero conoscere le ragioni vere di una crisi che lo aveva portato ad andarsene. Nei quasi due mesi che intercorrono fra la presentazione delle dimissioni e il giorno dell’elezione del suo successore è chiaro che Susini avesse maturato la convinzione di portare a pubblica conoscenza la sua vicenda. Questo desiderio esplicito fu fatto rilevare anche dal comunista Pietro Balzano che ritenne cosa assurda il supporre che la discussione non fosse attinente all’argomento della seduta. £La cittadinanza ha diritto di sapere perché si è mandato via un sindaco” disse il consigliere comunista. Ma il presidente dell’assemblea, l’assessore anziano Salvatore Zoccheddu, ribatté che l’argomento esulava dall’ordine del giorno e che, fra l’altro, era stato esaurito in apertura con la votazione sulla mozione Usai. (Tore Abate)
27 novembre
Fu rinnovato anche il direttivo di sezione della D.C.. Fu nominato segretario il medico Renzo Manca che faceva parte della corrente ‘laica’. Per bilanciare gli equilibri, e per limitare il potere del dottor Manca, gli fu affiancato un vice di chiara origine clericale e di ‘sacristia’ come Battista Vico. Nel direttivo vi erano i consiglieri comunali anche Mario Carta e Mario Sangaino. Fu rinnovato anche il consiglio d’amministrazione della Pro-Loco. Il Presidente era il farmacista Antonio Gana, i suoi collaboratori Giovannino Campus (assessore comunale), Mario D’Oriano, corrispondente de La Nuova Sardegna, e Pietro Favale, corrispondente de Il Giornale d’ Italia.