La Maddalena AnticaLa Marina Sabauda dal 1768 alla restaurazione

Il problema strategico marittimo della Sardegna

A chi non avesse una mentalità del tutto terrestre – e purtroppo, se l’aveva suo fratello, il futuro re Carlo Felice, non l’aveva Vittorio Emanuele I – doveva apparir chiaro che la Marina rendeva, in termini di sicurezza e benessere economico generale, molto più di quanto costava. Ma, per l’appunto, Vittorio Emanuele non lo capì o, quanto meno, dovendo pianificare a breve scadenza – al massimo un anno finanziario – e coll’incubo di limitare i deficit e provvedere alla sicurezza terrestre, mantenendo un apparato terrestre di dubbia efficacia, perché di proporzioni troppo ridotte rispetto alle eventuali esigenze belliche, ogni volta non trovò di meglio che ridurre le forze navali. Per quanto riguardava la Sardegna, era evidente che, con una spesa pari a un decimo di quella per le truppe terrestri, il Regno riusciva a mantenere sicure le coste e i commerci e, incrementandola, ne avrebbe tratto sicuramente maggiori benefici a lungo termine, mentre i circa 3500 uomini delle truppe di terra, ancorché sostenuti dalla milizia paesana, non sarebbero serviti mai a nulla in caso di vera guerra contro la Francia e a ben poco in difesa costiera. Era la classica mentalità del fortino: l’idea – sbagliata – che il modo migliore di difendersi da una minaccia consista nell’arroccarsi in una difesa articolata su centri protetti. Errore tanto più grave perché lascia all’avversario libertà di movimento e d’iniziativa e, in tempi medio-lunghi, gli dà il controllo del territorio – o delle acque – rendendo molto più difficile e costoso non solo il ritoglierglielo, ma anche il mantenimento delle posizioni difensive in cui ci si è chiusi.

Il discorso era il medesimo per il contrabbando. La cessione di fatto del territorio ai contrabbandieri – anche solo limitando l’azione alla repressione, invece d’intervenire preventivamente – portava a situazioni a dir poco disastrose sia sotto il profilo economico, sia sotto quello dell’ordine pubblico. Il contrabbando del Settecento era rivolto in primo luogo al sale e al tabacco, poi a qualsiasi altra merce e, come sempre, serviva a fornire il mercato di beni a prezzo ribassato grazie all’elusione del monopolio statale o della tassa d’entrata. Del resto, sarebbe bastato guardarsi intorno per capirlo, infatti, nello stesso periodo, diversamente dal Regno di Sardegna, la Santa Sede stava accettando l’aumento di spesa per la Marina e ne stava ricavando dei benefici.

Se il problema del danno inflitto dai pirati era impossibile da risolvere con le armi e le navi, esisteva un altro sistema per cercare di evitare le incursioni. Era stato adoperato nel corso del secolo XVIII, ed era il negoziato. A parte il Papa e Malta, impediti da motivi religiosi, più o meno tutte le potenze europee avevano preferito e ancora preferivano venire a patti coi mussulmani. Si pagava una tangente al Gran Visir di Costantinopoli, un tributo, annuo o no, alla Turchia, si redigeva un trattato che al primo articolo stabiliva immancabilmente che vi sarebbe stata “Pace eterna e perfetta fra i due Alti Contraenti il Gran Signore e …”, aggiungendo di volta in volta il nome del sovrano europeo in questione, e la cosa era fatta. Danesi, Svedesi, Francesi, Olandesi, Inglesi, Spagnoli, Portoghesi, Austriaci… tutti avevano concluso trattati di questo genere pur di navigare in pace. Anche gli Stati Uniti, subito dopo la loro indipendenza, avevano accettato di firmarne. Generalmente, infatti, era meno dispendioso pagare un tributo che armare una flotta (4) e intraprendere una guerra.

Venezia, che aveva seguito una politica di accordi colle Reggenze, fra il 1764 e il 1784 aveva visto salire il numero dei legni mercantili dai 40 a cui era ridotta nel 1763, per il danno arrecatole quotidianamente dalla pirateria, ai 405 del periodo intorno al 1780, con un vertiginoso aumento sia dei noli sia delle impostazioni e dei vari, a testimonianza di un netto incremento dell’attività mercantile grazie alla pace così mantenuta. Ma verso la fine del secolo, a partire pressappoco dal 1780, il potere del Sultano era così affievolito che le Reggenze gli sfuggivano totalmente. Era un altro classico caso: l’indebolimento di una grande Potenza implica la fine del controllo esercitato fino a quel momento sul sistema geopolitico dominato, mettendo gli altri Stati di fronte alla necessità d’aver a che fare separatamente con nuove entità politicamente autonome, tanto più litigiose quanto più piccole, povere e decise a trovare risorse economiche colle armi e ad approfittare del vuoto di potere creatosi. Questo implicava che le Reggenze dovevano essere avvicinate una dopo l’altra e pagate una dopo l’altra. Ma a quel punto la cifra complessiva diventava esorbitante e, con un ammontare minore, si sarebbe riusciti a tenere in vita una Marina abbastanza efficiente da sventare o interdire quasi qualsiasi minaccia piratesca; il guaio però fu, come abbiamo già detto, che la Sardegna non fece nulla del genere e si arroccò in difensiva arretrata, cioè in difensiva costiera, poco utile e totalmente passiva, lasciando l’iniziativa tutta al nemico proveniente dal mare e, se anche si era provato a fare qualcosa, ben presto la mancanza di denaro aveva tarpato le ali ad ogni progetto.

NOTE:

(4) Quando, nel XVII secolo, il bey di Algeri, dopo il terribile ma non risolutivo bombardamento inflittogli dalla flotta francese, venne a sapere quanto era costata la spedizione a Luigi XIV, esclamò che se il Re Sole gli avesse fornito direttamente quei soldi, avrebbe dato, lui personalmente e senza esitazione, fuoco ad Algeri.